di Alessia CASIRAGHI
Taffetà, organza, chiffon, damasco, broccato e duchesse. Tanti nomi, tanti tessuti, tante declinazioni per un prodotto, come la seta, conosciuto e diffusi già più 8 mila anni fa. Dall’antica via della Seta a Como, quest’oggi Infoiva vi porta alla scoperta del segreto del distretto serico comasco, che produce, da solo circa il 95% della seta in Italia. Piccole aziende, dove produrre è sinonimo di creare, dare vita, regalare una storia a un prodotto che vive e si rigenera nel rispetto di una tradizione. La parola a Guido Tettamanti, Segretario della Sezione Serica Italiana di Confindustria Como.
L’industria della seta di Como rappresentano un comparto storico del tessile e del manifatturiero in Italia. Qual è la situazione attuale dei setifici del comasco? Stanno soffrendo la crisi?
La crisi ha ridotto e continua a comprimere in un modo terribile il consumo in Italia, perchè dà vita a uno scenario difficoltoso dal punto di vista economico: le aziende hanno grossi impedimenti per l’ accesso al credito, sono penalizzate a causa dei ritardi sui pagamenti. Ma il prodotto serico comasco ha per sua stessa natura un vantaggio non indifferente: il 70-75% della seta che viene prodotta nel nostra distretto è destinata a mercati internazionali; in questo senso vedo una situazione del prodotto relativamente migliore rispetto alla situazione complessiva del nostro Paese. E i dati lo dimostrano: nella prima metà del 2012 il fatturato delle imprese seriche comasche è cresciuto di 4-5 punti percentuali e questo perchè il lusso va ancora bene e possiede un respiro internazionale. Attenzione però: Como non coincide con il lusso, non tutta la filiera tessile gode di questa situazione privilegiata, ma sicuramente la presenza di una produzione di lusso dà una mano a molte aziende. Dall’altra parte coesistono infatti aziende non esclusivamente specializzata nella produzione di altissima gamma che sono state costrette a ristrutturazioni profonde per via della crisi.
Che percentuale della produzione di seta a Como è destinata all’export?
Il 50% dei nostri tessuti viene esportato direttamente, mentre sussiste un 20-25% del prodotto che viene acquistato da confezionisti italiani e poi da loro esportato sotto forma di prodotto finito. Per questo quando parliamo di export della seta parliamo di percentuali che si attestano attorno al 70%. Il foulard, che è l’unico prodotto finito che proviene dal territorio comasco, ha una percentuale di esportazione sul fatturato che è del 75-80%.
Quali sono i maggiori Paesi compratori?
Il principale Paese di destinazione è la Francia, patria del lusso. Il secondo la Spagna, purtroppo in flessione da parecchio tempo; la Germania nel 2012 ha registrato invece risultati positivi e promettenti. Le esportazioni sono stabili verso gli Stati Uniti, mentre ad acquisire un ruolo sempre più importante ci sono da un lato la Cina e Hong Kong, anche se con una leggera flessione nel 2012, e la Russia, un Paese alla ricerca di un nuovo lusso e di stoffe sempre più pregiate.
La produzione di seta in Italia come si difende dalla concorrenza che proviene dagli altri Paesi, Oriente in testa?
Il lusso è già di per sé una risposta, e poi l’altissima creatività, lo stile e l’affidabilità dal punto di vista qualitativo e deontologico che contraddistingue da sempre la nostra produzione . Il mondo del lusso sa che il fornitore comasco è affidabile ben diversamente dal fornitore asiatico. Un’altra strategia vincente nella diversificazione è sotto il profilo del servizio: parlo del fenomeno del fast fashion, la capacità di fornire importanti quantitativi di tessuto moda in tempi rapidissimi; anche questa è una peculiarità italiana e soprattutto comasca.
Gli effetti della crisi sul comparto seta avranno delle ricadute sulle imprese del territorio a livello occupazionale?
Il fenomeno è in continua evoluzione perchè la crisi è stata molto violenta nel 2009, mentre il bienno 2010-2011 ha rappresentato un momento di ripresa, ma non per tutti. Mi spiego meglio: una delle caratteristiche del distretto è la fortissima concorrenza interna. Se da un lato questo rappresenta un punto di forza, perchè consente il ricambio continuo dei best players, per le singole aziende significa però una vita molto difficile. Assistiamo in questo momento a fenomeni di ristrutturazione aziendale che coesistono con imprese in continua crescita.
Quali sono i numeri del distretto della seta comasco? Siete quasi gli unici in Italia a produrre un bene così ricercato come la seta?
Il 90% della seta in Italia è prodotta nel distretto comasco, l’unica zona alternativa a Como che fa tessuto serico per arredamento in Italia è quella di Caserta. Il più grande setificio di Como ha poco più di 500 addetti, 80-90 milioni di euro di fatturato. La maggior parte della aziende del distretto comasco sono realtà più piccole, aziende tradizionali ma che fanno continui investimenti e sono aperte al cambiamento tecnologico, anzi, come nessun altro distretto in Italia, sono in grado di valorizzare sempre più l’aspetto innovativo. E’ una tradizione attenta al futuro, capace di dare valore al nuovo e con una profonda conoscenza delle regole del mercato in cui opera. Non è una tradizione retriva, ma una tradizione feconda, proietta verso il domani.
Secondo lei, la presenza di tante piccole aziende e la produzione artigianale rappresentano il valore autentico del made in Italy?
Cura e amore artigianale sono gli ingredienti immancabili dei nostri prodotti: la seta è un prodotto che deve essere fatto su misura, non è industrializzabile, abbiamo a che fare con lotti molto piccoli. L’artigianalità è fondamentale ed è forse questa la ragione per cui il prodotto moda nasce qui: la filiera della seta è ben diversa da un tipo di produzione tessile industriale in senso stretto, sia per quanto riguarda i quantitativi, che per quanto riguarda l’attenzione e la continua ricerca di prodotto.