Storica sentenza della Corte di Cassazione: se dall’appartamento del vicino arrivano rumori molesti dovuti a lavori di ristrutturazione, non c’è bisogno di una perizia che determini se sono superati i decibel previsti per la tollerabilità, ma basta la testimonianza.
Risarcimento danni se il vicino fa rumore, non serve una consulenza tecnica
L’articolo 659 del codice penale prevede il reato di disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone. L’importante novità che arriva direttamente dalla corte di Cassazione, sentenza 7717 del 22 febbraio 2024, è che per provare il fatto non occorre consulenza tecnica fonometrica. Il giudice può formulare la sentenza sulla base delle testimonianze di coloro che sono in grado di riferire le caratteristiche e gli effetti delle immissioni sonore, percepite come tali da superare il limite della normale tollerabilità.
La sentenza è particolare perché serve semplicemente a fissare questo principio. Il condomino agisce in giudizio perché ritiene che nell’eseguire i lavori edili il vicino avesse arrecato disturbo dovuto ai rumori. Nel caso in oggetto però non vi sono prove del fatto che i lavori fossero portati avanti anche nelle fasce orarie in cui il regolamento condominiale inibisce l’esecuzione dei lavori. Inoltre il vicino di casa, occupante l’appartamento sottostante dichiara che i rumori non sono a lui apparsi molesti o intolleranti.
I principi della Corte di Cassazione: non serve la perizia per provare che i rumori sono molesti
La Corte fissa alcuni principi. In particolare ribadisce che anche la sola prova per testimoni può essere all’origine di una condanna. La Corte di Cassazione ribadisce che primo luogo è necessaria la produzione (da parte dell’imputato) di rumori idonei ad arrecare disturbo o a turbare la quiete e le occupazioni non solo degli abitanti dell’appartamento sovrastante o sottostante la fonte sonora, ma di una più consistente parte degli occupanti il medesimo edificio.
In secondo luogo non occorre il rilievo fonografico per verificare se i rumori sono molesti. Specifica la sentenza “l’attitudine dei rumori a disturbare il riposo o le occupazioni delle persone non va necessariamente accertata mediante perizia o consulenza tecnica, ma ben può il giudice fondare il suo convincimento su elementi probatori di diversa natura, quali le dichiarazioni di coloro che sono in grado di riferire le caratteristiche e gli effetti dei rumori percepiti, sì che risulti oggettivamente superata la soglia della normale tollerabilità”.
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