L’addio allo smart working, misura particolarmente sfruttata durante il periodo di Covid-19, è ormai imminente, ma come cambieranno le cose?
Addio smart working, mancano ancora pochi giorni
Se c’è una cosa che ha permesso a molte attività di andare avanti sia durante il periodo di look down, che immediatamente dopo, è stato lo smart working. E’ una forma di telelavoro definito dall’ordinamento italiano come:
«una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato stabilita mediante accordo tra le parti, anche con forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro, con il possibile utilizzo di strumenti tecnologici per lo svolgimento dell’attività lavorativa.»
La legge del 3 luglio 2023 aveva permetto di prolungare fino al 30 settembre il termine ultimo per utilizzare l’opzione del lavoro da casa per i lavoratori fragili. Quindi tra pochi giorni tutto potrebbe cambiare per circa 800 mila lavoratori. Si è quindi in attesa di capere e ci saranno nuove proroghe o meno o se ci si muoverà sempre di più verso il lavoro ibrido.
Quali saranno i possibili cambiamenti dopo l’addio allo smart working?
I lavoratori fragili che vogliono proseguire in questa modalità il loro lavoro dovranno firmare con il datore di lavoro un contratto in linea con i piani dell’aziende o delle amministrazioni pubbliche per i propri dipendenti. In questi tre anni sono molte le aziende che hanno fatto dello smart working un interessante modo di lavorare. Tanto che molte imprese, all’interno delle loro scelte aziendali, offrono la possibilità di lavorare da casa al proprio dipendente, stabilendone il tempo.
Ad esempio c’è chi offre anche un giorno intero a settimana. Oppure due giorni al mese, sembra essere molto in uso. L’importante è che sia un accordo tra le parti che sottoscrivono il contratto. Tim consente ai suoi 32.000 dipendenti la possibilità di lavorare in smart working fino a tre giorni a settimana. Inoltre ha di recente lanciato un progetto pilota per consentire a 100 dipendenti il full smart working. Per lo più si tratta di grandi multinazionali, perché in Italia non sta trovando grandissimo sviluppo. Il lavoro da remoto interessa appena il 14,9% degli occupati, che svolge parte dell’attività da remoto. Dopo il boom vissuto nel 2020, in piena pandemia, quando il nostro paese è passato dal 4,8% di telelavoro dell’anno precedente al 13,7%, il tasso di crescita ha subito una brusca frenata
L’opzione rimane invariata per alcune categorie di lavoratori
Lo smart working è stato prorogato al 31 dicembre 2023 per le seguenti categorie di lavoratori:
– i lavoratori dipendenti del settore privato che abbiano almeno un figlio, minore di anni 14. A condizione che nel nucleo familiare non vi sia altro genitore beneficiario di strumenti di sostegno al reddito, in caso di sospensione o cessazione dell’attività lavorativa e che non vi sia genitore non lavoratore;
– i lavoratori dipendenti che, sulla base delle valutazioni dei medici competenti sono più esposti a rischio di contagio dal virus SARS-CoV-2, in ragione dell’età o della condizione di rischio derivante da immunodepressione, da esiti di patologie oncologiche o dallo svolgimento di terapie salvavita o comunque da comorbilità che possano caratterizzare una situazione di maggiore rischio, accertata dal medico competente.