Continua il dibattito sul salario minimo con le opposizioni che lo vogliono introdurre a tutti i costi e le maggioranze che non sono convinte.
Dibattito Salario minimo, le opposizioni non mollano
Il salario minimo è lo slogan della battaglia portata avanti dalle opposizioni per la sua introduzione. Si tratta di un minimo orario al di sotto del quale un datore di lavoro non può pagare il proprio lavoratore. Sono soltanto sei gli Stati Ue che al momento non lo prevedono: Italia, Svezia, Finlandia, Danimarca, Austria e parzialmente Cipro, dove esiste solamente per specifiche categorie di lavoratori
Il dibattito è iniziato oggi in Camera dei deputati e sia le opposizioni che le maggioranze porteranno in aula le proprie ragioni. Ma deriva dall’inizio dell’estate quando il Pd, Cinque Stelle, Azione, +Europa ed Europa Verde hanno fatto fronte unito e hanno depositato alla Camera la proposta di legge che punta a fissare a 9 euro lordi all’ora il salario minimo per tutte le professioni e i mestieri.
Dibattito Salario minimo, contro e pro dell’approvazione
Lo slogan è davvero bello, ma ci sono poi dei problemi nell’applicazione. A dirlo è la Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, che sembra decisa a trovare un accordo tra le varie forze politiche. Infatti come anticipato le opposizioni vogliono l’introduzione del salario minimo. Quindi garantisce un limite inferiore, al di sotto del quale il datore di lavoro non può pagare il suo dipendente, anche se le condizioni ottimali in ambito lavorativo non si basano solo sul pagamento.
Per i sostenitori del salario minimo la misura sarebbe lo strumento principale per contrastare il fenomeno del lavoro “povero”, cioè quello non retribuito dignitosamente e quindi non conforme all’articolo 36 della Costituzione italiana. E’ anche vero che il valore di 9 euro farebbe diventare l’Italia, uno dei paesi con le retribuzioni più elevate in Europa.
I contro dell’introduzione della misura
Esiste però il pericolo di un appiattimento degli stipendi. L’introduzione del salario mimino a 9 euro non farebbe altro che spingere tutte le attività, imprese e multinazionali a pagare quella cifra. Tutto fin troppo uguale in un’economia globale come la nostra, potrebbe essere un arma a doppio taglio. Infatti l’aumento del costo del lavoro, andrebbe a incentivare il nero ma anche a scoraggiare le nuove assunzioni.
Le maggioranze, anche se con posizioni diverse nel proprio interno, continuano a ostacolare questa scelta. Ma puntano ad un rialzo degli stipendi che passi attraverso la contrattazione collettiva e sul taglio del cuneo fiscale per abbattere il costo del lavoro. Anche se i contratti nazionali ad oggi non contemplano i lavoratori autonomi.