Il Superbonus mette in apprensione molti italiani, soprattutto coloro che hanno già iniziato i lavori e rischiano di dover pagare di propria tasca gli interventi, sebbene avessero fatto affidamento sulla misura introdotta dal Governo Conte e voluta dal M5S. Da quanto emerso ieri c’è però la volontà di uscire dall’empasse e risolvere il problema dei crediti incagliati. Ecco le ipotesi allo studio.
Superbonus: i numeri della legge che consentiva di ristrutturare gratis
Con il decreto 11 del 16 febbraio 2023 il Governo ha provveduto a bloccare la cessione del credito e dello sconto in fattura per le operazioni per le quali entro il 16 febbraio 2023 non sia intervenuta la Cila (Comunicazione Inizio Lavori Asseverata) e per i lavori in condominio anche la delibera di assemblea.
Lo stop dello sconto in fattura non riguarda solo il Superbonus, ma anche tutti i bonus edilizi in vigore che potranno però continuare ad ottenere le agevolazioni con lo sconto Irpef a rate.
Potrebbe interessarti anche: Superbonus, arriva lo stop alla cessione del credito e sconto in fattura
Nelle ultime ore sono in forte apprensione i proprietari di case e le imprese edili, le seconde mettono in rilievo soprattutto la necessità di dover licenziare migliaia di lavoratori e il rischio di fallimento per circa 25.000 imprese del settore edile. La perdita dei posti di lavoro ammonterebbe a circa 100.000 unità. In questo momento vi è la certezza dello stop alla cessione dei crediti futuri. Molta apprensione vi è invece per la sorte di quelli che già sono esistenti, si parla di circa 15 miliardi di crediti incagliati. L’obiettivo dello stop alla cessione dei crediti futuri è proprio quello di favorire lo “smaltimento” di quelli pre-esistenti.
I proprietari invece scontano il blocco della cessione dei crediti maturati. Resta che, in base a quanto dichiarato dal Governo, il Superbonus avrebbe generato 9 miliardi di debito pubblico che pesa per circa 2.000 euro su ogni italiano, compresi i neonati. Il totale del debito pubblico italiano ammonta invece a 2.700 miliardi di euro.
Crediti incagliati: cartolarizzazione o uso del modello F24
Per aiutare tutte le parti a superare il problema, nella giornata del 20 febbraio 2023 vi è stato un incontro tra il Governo, l’ABI (Associazione bancari) e i costruttori dell’Ance, Cassa Depositi e Prestiti, Sace (Servizi Assicurativi e Creditizi per le Imprese). L’obiettivo è evitare il completo blocco anche dei cantieri già avviati e tra le soluzioni che sembrano essere maggiormente apprezzate e condivise tra le parti l’ipotesi dell’utilizzo del modello F24 per “scontare” i crediti vantati.
Tra le ipotesi allo studio vi è un intervento di Cassa Depositi e Prestiti, partecipata dallo Stato, che dovrebbe intervenire con una cartolarizzazione dei crediti, a questa ipoetesi sta lavorando soprattutto Forza Italia con l’aiuto del Mef ( Ministero dell’Economia e delle Finanze). La stessa ipotesi sembra però residuale.
L’intervento di Sace invece sembra confermare l’ipotesi di un aumento delle garanzie pubbliche sui crediti incagliati.
Resta infine l’ipotesi più plausibile, cioè utilizzare i crediti incagliati con il modello F24. Si tratta del modello utilizzato per il pagamento della maggior parte dei tributi e di conseguenza i crediti maturati potrebbero essere usati in compensazionee quindi smaltiti in questo modo.