Nei giorni passati avevamo parlato di una possibile proroga del Superbonus 110% per i condomini fino al 31 gennaio 2023. Arriva ora la smentita con relativa motivazione. O meglio, il Governo spiega perché gli emendamenti presentati dalla stessa maggioranza non possono essere accolti.
Emendamenti per la proroga del Superbonus affossati
Nei giorni passati avevamo sottolineato che Fratelli d’Italia aveva presentato un emendamento al decreto Aiuti Quater per prorogare i termini per la presentazione della Cilas al 31 dicembre 2022. Il termine attualmente è scaduto al 25 novembre. Ulteriori emendamenti sono stati presentati anche da altri partiti della maggioranza come Forza Italia, naturalmente non potevano mancare gli emendamenti del M5S che ha creato il Superbonus 110%.
Per conoscere i dettagli, leggi l’articolo: Superbonus 110%: arriva l’emendamento che sblocca la cessione
Perché non ci sarà la proroga del Superbonus 110%?
A fine di non alimentare false speranze, il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Giovanbattista Fazzolari ha reso noto che non vi sarà alcuna proroga. La spiegazione è presto data: attualmente il reale problema non è riconoscere il credito di imposta al 110% o al 90%, d’altronde abbiamo già più volte sottolineato che al 110% è molto difficile ottenerlo e che le banche riconoscono una percentuale molto più bassa. Il problema reale è sbloccare i crediti incagliati di chi i lavori li ha già iniziati. In base alle dichiarazioni del sottosegretario Fazzolari, il Governo sta concentrando le sue energie su questo problema.
In base ai calcoli effettuati da Il Sole24 ore in realtà la proroga di un mese costerebbe circa 300 milioni di euro.
La priorità è sbloccare la cessione dei crediti senza rischi per i conti pubblici
Fazzolari ha dichiarato che è necessario trovare una soluzione per far in modo che le banche possano “acquistare” i crediti maturati dai proprietari senza per questo mandare all’aria i conti pubblici. Secondo le dichiarazioni del Sottosegretario questa partita vale 60 miliardi di euro. Il rischio infatti è che l’Eurostat potrebbe conteggiare i crediti di imposta acquistati dalle banche, che quindi vogliono riscuoterli dallo Stato attraverso le loro imposte, come debito pubblico e quindi con il rischio che il rating dell’Italia, e la credibilità, vengano meno in un momento particolarmente delicato.