In questi giorni sentiamo spesso parlare di flat tax, tassa piatta, fa parte dei programmi elettorali e dovrebbe essere al 15% o al 23%. Ma è fattibile? Sono molti gli economisti che ritengono che non si possa fare, mentre qualcuno dice che è necessario saper disegnare la flat tax, ma perché se ne parla tanto?
Cos’è la flat tax?
La flat tax è la tassa piatta, essa permette di evitare l’applicazione delle aliquote Irpef a scaglioni che salgono all’aumentare del reddito. Attualmente l’Irpef prevede anche una no tax area che aiuta i redditi più bassi.
La flat tax è già applicata a coloro che scelgono il regime forfettario, circa 2 milioni di partita Iva. Lo stesso però è applicabile fino ai 65.000 euro di ricavi e prevede la determinazione forfettaria della base imponibile attraverso l’applicazione dei coefficienti di redditività che variano in base al settore in cui si opera. Questo implica che i costi, voce negativa nella determinazione della base imponibile, non sono dedotti con il metodo analitico, ma attraverso una media fatta per il settore di appartenenza. Già questo può essere un primo deterrente.
Studi sulla flat tax
Siccome della flat tax si parla da molti anni, sono disponibili studi fatti già in passato sulla stessa. Da questi emerge che per una flat tax al 15% vi sarebbe una perdita per l’erario di 50 miliardi di euro. Nel caso in cui invece la flat tax fosse al 23%, sarebbe invece necessario recuperare circa 30 miliardi.
Il principio su cui si basa la proposta della flat tax è che se le aliquote sono ridotte le persone sono più propense a pagare le tasse e questo porterebbe quindi a una minore evasione fiscale. La prima cosa da sottolineare è che la flat tax andrebbe ad agire solo sulle imposte sui redditi e non su altre tipologie, l’evasione però deriva da diverse imposte tra cui gran parte dall’evasione Iva. L’evasione Irpef si aggira intorno a 37 miliardi di euro. Questo implica che con aliquota al 23% si dovrebbe sperare che all’improvviso tutti smettano di evadere per essere in pari. In caso contrario, sarà necessario aumentare altre imposte, oppure ridurre i servizi. Con l’aliquota al 15%, c’è una perdita rilevante di entrate.
A chi conviene la flat tax?
C’è un altro elemento da valutare: a chi conviene di più l’applicazione di una flat tax al 15% o al 23%? La risposta è semplice: di fatto conviene a chi ha redditi più alti che di conseguenza vede ridotta l’aliquota prima applicata e ha un deciso risparmio di imposta. Dai calcoli fatti in passato emerge addirittura che senza correttivi importanti ( che porterebbero comunque a un’ulteriore riduzione delle entrate per lo Stato), coloro che percepiscono redditi più bassi potrebbero pagare anche più imposte del passato e cioè con l’applicazione del criterio progressivo e non del criterio proporzionale (articolo 53 Costituzione).
I redditi più bassi potrebbero pagare più tasse
D’altronde il criterio progressivo, fortemente voluto dall’Assemblea Costituente, nasce proprio con l’obiettivo di aiutare le classi più deboli facendo pagare imposte più elevate alle classi più agiate e redistribuendo in servizi. UIL ha effettuato dei colcoli. Coloro che hanno un reddito di circa 10.990 euro l’anno dovrebbero pagare 1.819 euro in più l’anno, coloro che invece hanno un reddito di 17.640 euro pagherebbero in più 1.500 euro; con un reddito di 22.830 euro si pagherebbero in più 985 euro. Solo i redditi più alti risparmiano.
Da quanto emerge dalla prime indiscrezioni, per attuare un simile sistema potrebbe essere ritoccato il sistema delle deduzioni e detrazioni che ad oggi costituiscono un modo per scontare meno imposte. Ad esempio le detrazioni per le spese sanitarie, per l’acquisto di cane guida, per il trasporto pubblico, oppure per le spese di istruzione e tanto altro. Anche in questo caso a pagare di più questa flat tax sarebbero le classi meno agiate che non potrebbero più avvalersi neanche delle detrazioni su spese comunque importanti che chi invece risparmierà sull’imposta da pagare già può permettersi.
L’ostacolo della Costituzione
Inoltre si è visto che un’aliquota unica al 15% è praticamente improponibile, se non con un netto taglio di servizi, mentre l’aliquota al 23% potrebbe anche essere fattibile, ammesso che si riesca a recuperare tutta l’evasione, ma di fatto già oggi il primo scaglione Irpef è al 23%, quindi i redditi più bassi non avrebbero assolutamente alcun vantaggio, se non il rischio di avere meno deduzioni e detrazioni.
Deve infine essere aggiunto che il criterio della progressività su cui deve essere informato il nostro sistema fiscale è previsto nell’articolo 53 della Costituzione, è quindi necessaria una preliminare modifica della Costituzione con procedimento aggravato per poter passare alla flat tax. Oggi infatti l’unica imposta progressiva è l’Irpef e quindi applicando ad essa l’aliquota proporzionale il sistema fiscale andrebbe ad impattare con la Costituzione.