Con il governo Draghi ormai caduto l’agenda della politica cambia radicalmente. Tutte le misure, le proposte, le ipotesi e le idee che circolavano in vista della solita legge di Bilancio di fine anno, vengono di fatto congelate. Inizierà quella che pare sarà una dura campagna elettorale. Ed i temi su cui i partiti si andranno a scontrare saranno sempre quelli ormai conosciuti. C’è da scommetterci che lo scontro sarà sempre sui temi di stretta attualità. Parliamo naturalmente di reddito di cittadinanza, emergenza pandemica, vaccini, tasse e pensioni. Proprio su quest’ultimo argomento si parlava tanto di una ipotetica nuova riforma della previdenza da mettere in cantiere da qui a fine anno. Già appariva una cosa assai difficile prima, figuriamoci adesso. Basandosi sulle tante ipotesi e proposte che sembra diventeranno il cavallo di battaglia dei vari partiti politici, ecco il punto della situazione.
Le pensioni ago della bilancia nella nuova campagna elettorale
Il punto nevralgico della situazione è che la riforma delle pensioni dovrebbe garantire il non ritorno alla legge Fornero. Infatti venendo meno quota 102 a fine anno, senza mettere mani al sistema, le uniche uscite che rimarrebbero vigenti sono quelle legate proprio alla riforma del 2011 . Parliamo di quella del governo Monti, della tanto discussa riforma lacrime e sangue della Professoressa Elsa Fornero. È evidente che bisogna fare qualcosa, cioè provvedere a sistemare questa situazione per non penalizzare quanti per età o per contributi non sono riusciti a rientrare nelle nuove misure introdotte da questa legislatura. Va detto che oltre a quota 102, dal primo gennaio 2023 dovrebbero sparire anche Ape sociale ed opzione donna. Usare il condizionale è d’obbligo, perché si tratta di due misure su cui spesso si parla di nuove proroghe. Resta confermato però che in assenza di nuove misure, non resterà che uscire dal lavoro con le pensioni classiche, collegate inevitabilmente al decreto Salva Italia del vecchio governo tecnico condotto da Mario Monti.
Le proposte dei partiti, tra cavalli di battaglia e nuova campagna elettorale anche per le pensioni
Partiamo dal Partito Democratico, perché sembra l’area politica più legata al passato. Infatti sembra pressoché certo che la proposta previdenziale del PD sarà quella di prorogare due misure molto importanti per il sistema previdenziale. Due misure che in questi anni hanno consentito un pensionamento anticipato tanto alle donne quando a determinate categorie di lavoratori e soggetti. Infatti il PD dovrebbe arrivare a proporre l’estensione anche nel 2023 sia dell’Ape sociale che di opzione donna. Forza Italia il partito del redivivo Silvio Berlusconi, va sempre nella direzione classica. Come sempre Forza Italia punta sugli importi delle prestazioni pensionistiche. Infatti Silvio Berlusconi viene ricordato sempre per l’incremento al milione delle prestazioni pensionistiche. E adesso in vista della nuova campagna elettorale probabilmente gli azzurri punteranno tutto sul portare le minime a mille euro. Una soluzione alla pochezza delle pensioni dal punto di vista degli importi. Il quadro della situazione è messo nero su bianco anche dal noto quotidiano economico politico “Il Sole 24 Ore”.
Da quota 41 per tutti alla flessibilità da 62 o 63 anni, con il contributivo o senza penalizzazioni
La posizione dei sindacati da tempo è chiara e verte sempre su due misure fondamentali secondo le parti sociali. La prima è la flessibilità in uscita a partire dai 62 anni con 20 anni di contributi versati. La seconda invece è la quota 41 per tutti. In entrambi i casi si tratta di due prestazioni molto onerose per lo stato soprattutto come le interpretano i sindacati. Infatti pretendono la completa assenza di penalizzazioni e tagli di assegni per chi riesce a sfruttare queste due misure. Tagli di assegni che invece sembrano necessari vista la situazione delle casse pubbliche. Quota 41 per tutti però è anche un cavallo di battaglia della Lega di Matteo Salvini. E sarà praticamente inevitabile che con la nuova campagna elettorale e con i nuovi programmi elettorali la Lega punterà forte su questa proposta. Va ricordato infatti che già nella campagna elettorale del 2018 la Lega e il suo leader Matteo Salvini, vedevano nella quota 41 per tutti la misura successiva alla quota 100. Dopo la misura fortemente voluta proprio dalla Lega che la mise come concessione necessaria per dire di si al reddito di cittadinanza del Movimento 5 Stelle, la quota 41 per tutti era il fisiologico proseguo.
Anche il riscatto della laurea finirà con l’essere al centro del dibattito
Sulle minime a mille euro sembra ci sia convergenza anche verso Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni, che ad oggi sembra la più papabile leader di un eventuale nuovo governo. Per quanto riguarda invece il Movimento 5 Stelle la posizione sulle pensioni viaggia sul concedere la possibilità di uscita a partire dai 63 anni ma con il sistema contributivo. Altre ipotesi che viene collegata da indiscrezioni, ai grillini, è quella che va nella direzione di concedere il riscatto della laurea completamente gratuito a tutti i lavoratori. Una misura questa che sarebbe molto importante per riempire le carriere contributive dei lavoratori che si trovano con carenze da questo punto di vista. In altri termini chiunque abbia centrato la laurea, vorrebbe trovarsi fino a 5 anni di contributi in più senza dover sborsare un solo euro di riscatto.