Anche se tutto è fermo da tempo, il governo nella sua agenda ha sempre il capitolo pensioni in evidenza. Il sistema previdenziale italiano infatti necessità di una profonda revisione. Una vera riforma delle pensioni che da tempo fa discutere. Infatti una riforma manca nel sistema previdenziale nostrano dai tempi della Riforma di Elsa Fornero. Erano i tempi del governo tecnico di Mario Monti, con la Professoressa Elsa Fornero Ministro del Lavoro. E fu allora che il governo varò una riforma passata alla storia come quella delle lacrime e del sangue. Tutti ricordano le lacrime in diretta TV dell’allora Ministro Fornero. È proprio da quella riforma scaturirebbe la necessità di prevederne un’altra.
Nel 2023 spariranno diverse misure oggi in vigore
Oggi le misure previdenziali tramite le quali è possibile andare in pensione sono sostanzialmente due. Parliamo della pensione anticipata ordinaria e della pensione di vecchiaia ordinaria. Poi esistono numerosi altri scivoli, Tutte possibilità concrete di anticipare la pensione rispetto alle due misure pilastro del sistema italiano. C’è lo scivolo usuranti, c’è opzione donna, e ci sono l’Ape sociale e la quota 102. E poi ancora, la pensione anticipata contributiva, la pensione di vecchiaia con invalidità al 80%, la quota 41 per i precoci e così via.
Non tutte le misure alternative scadono
Alcuni di questi scivoli, come per esempio la pensione anticipata per gli usuranti o la quota 41 per i precoci, sono ormai misure strutturali del sistema. Significa che sono misure che anche l’anno prossimo continueranno ad essere fruibili. Si tratta di strumenti che non hanno scadenza e sono presenti ormai in maniera radicale nel sistema. Ce ne sono altre però che vanno a scadenza a fine 2022. In pratica misure che l’anno prossimo non verranno più utilizzate. Questo tranne eventuali proroghe o decisioni diverse da parte dell’esecutivo da qui a fine anno, quando sarà il momento di varare la nuova Legge di Bilancio per il 2023.
Cosa succederà alle pensioni nel 2023
Ad oggi, o almeno, in base a ciò che è stato fatto e si dice, il 31 dicembre prossimo scadono sicuramente sia opzione donna che l’Ape sociale. E naturalmente scade anche la quota 102. Senza questi tre scivoli evidente che c’è una elevata probabilità che si ritornerà come alternativa alle pensioni ordinarie, alle rigide regole della Fornero. Per questo si ragiona su alcune ipotesi di riforma più o meno attendibili è più o meno fattibili. Un tipico esempio è la pensione anticipata a 64 anni per tutti. Estendere a tutti i benefici che la pensione anticipata contributiva offre a chi non ha versamenti prima del 1996. È una delle alternative in campo e probabilmente quella che ha più possibilità di diventare realtà.
La pensione a 64 anni per tutti e con 20 anni di contributi versati
In pratica chiunque si trova con 62 anni di età e 20 anni di contributi potrebbe andare in pensione. In pratica quello che oggi accade hai contributivi puri. Resta il fatto che c’è un vincolo non secondario per quanto riguarda la pensione per i contributivi puri. Infatti occorre che l’assegno liquidato sia pari o superiore a 2,8 volte l’assegno sociale. Per la versione estesa a tutti e che è sul tavolo che l’esecutivo, si potrebbe optare per una riduzione di questo limite di importo della pensione. Da 2,4 volte l’assegno sociale si potrebbe passare ad 1,5 volte l’assegno sociale. Un modo per estendere la platea dei potenziali beneficiari davvero a tutti.
Le altre ipotesi sul tavolo delle trattative
Un’altra ipotesi invece sarebbe una pensione a 64 anni per tutti sulla falsariga della nuova quota 102. In questo caso però si ridurrebbe a 20 anni il limite minimo di contributi che per quota 102 è rimasto lo stesso della quota 100 e cioè a 38 anni punto ci sarebbe però per questa misura il vincolo non certo secondario dell’obbligo di ricalcolo contributivo della prestazione. In pratica chi potrebbe sfruttare questo canale di uscita, dovrebbe accettare un taglio dell’assegno.
La proposta di Pasquale Tridico numero uno dell’Inps
Un’altra ipotesi di cui si parla tanto richiama ad una vecchia proposta del presidente dell’INPS Pasquale Tridico. E sarebbe una pensione spacchettata in due, con prima la liquidazione della sola parte contributiva magari a 63 anni per poi una volta raggiunti i 67 anni si passerebbe alla pensione vera e propria anche con la parte retributiva. In pratica gli interessati ci metterebbero tagli soltanto per 4 anni. Nettamente migliore quindi rispetto alle proposte che prevedono tagli lineari e soprattutto ricalcoli esclusivamente contributivi della prestazione.
La quota 41 per tutti, tra sogno e realtà
Infine, una misura che torna sempre per qualità ogni qualvolta si parla di riforma delle pensioni è quella che prende i numeri quota 41 per tutti. Si tratta dell’estensione di questa misura a tutti i lavoratori non soltanto i precoci come funziona oggi. Lavora 41 per tutti diventerebbe una misura capace di sostituire praticamente del tutto, la pensione anticipata ordinaria. Di colpo la carriera contributiva necessaria per la pensione scenderebbe per gli uomini da 42 anni 10 mesi a 41 anni per le donne risparmio inferiore ma pur sempre risparmio. Infatti si passerebbe da 41 anni 10 mesi ha 41 anni di contributi. La misura di cui tutti parlano non prevedrebbe tagli, e quindi non andrebbe calcolata tutta col sistema contributivo. Su questo però le parti, cioè governo e sindacati, sono piuttosto divisi dal momento che il governo non verrebbe di cattivo occhio il fatto che la pensione debba essere liquidata solo con il sistema contributivo e quindi sonoramente tagliata.