Le continua emergenze a cui il governo è stato chiamato ad intervenire da mesi hanno portato allo stop di qualsiasi ragionamento sulle pensioni. E si aprono scenari negativi per quanto riguarda una riforma mai decollata che stenta a farlo. Anche il Documento di Economia e Finanze di aprile è uscito e sulle pensioni nulla. La guerra in Ucraina, il conflitto con la Russia, le questioni militari, i soldi per il riarmo e anche la questione dei “nuovi” profughi dagli scenari di guerra hanno ingessato qualsiasi ragionamento sulle pensioni. Più o meno quello che è accaduto con il Covid, quando sempre le pensioni furono retrocesse come priorità, da parte dell’esecutivo. E pare quasi scontato che con il termine di alcune misure in scadenza alla fine di quest’anno, si tornerà in pieno alla normativa vigente ordinaria, quella della riforma Fornero. Ma noi di Infoiva guardiamo ad uno scenario differente. Nel senso che non ci sorprende nulla di tutto questo, perché è una prassi consolidata quella degli ultimi governo e delle ultime leggi di Bilancio.
Cosa accade sempre in magteria previdenziale da molti anni a questa parte
Il trend appare sempre il solito quando si parla di pensioni. Prima le riunioni, i summit, gli incontri a ripetizione. I sindacati che chiedono misure straordinarie, mentre il governo più rigido lima le proposte considerando il lato della spesa pubblica fondamentale. FU così anche lo scorso anno, quando alla fine di quota 100, al posto di passare a flessibilità e misure se non migliorative, almeno simili, si è passati a misure peggiorative come la quota 102. Da 62 anni come età base per le uscite con la quota 100, si è saliti a 64 anni con la quota 102. Non certo irrisorio il colpo inflitto con due anni in più di attesa. Con chi, nel 2022 e nel 2023, compirà 62 o 63 anni, completamente tagliato fuori dalle pensioni anticipate. Per loro ciò che rischia di accadere dal 2023, cioè il ritorno ai regimi ferrei della riforma Fornero, è accaduto già quest’anno.
Perchè si va avanti rinvio dopo rinvio
Fu il Covid con l’emergenza epidemiologica e la campagna vaccinale a bloccare qualsiasi discorso sulle pensioni. Anche se le promesse e le idee erano come al solito sul tavolo. Adesso c’è la guerra in Ucraina, e quindi, la riforma che doveva iniziare a vedersi nel Def, che è l’atto con cui si determinano le politiche economiche e fiscali, oltre che i piani di spesa, del governo in vista della legge di Bilancio di fine anno, è ferma al palo. Se ne riparlerà nel Nadef, cioè nella nota di aggiornamento del Def quando c’è da giurarci, prima della sua stesura, le pensioni saranno al centro della discussione.
Cosa accadde a fine 2021
La fine del 2021 ha portato all’intervento quasi obbligatorio sul piano previdenziale. Andava detonato il pericolo scalone di 5 anni che avrebbe lasciato in funzione quota 100. Infatti dai 62 anni di età di quota 100 ai 67 che sono gli anni utili alla pensione di vecchiaia, passano esattamente 5 anni. Ma tra una flessibilità in uscita a 62 anni per tutti, come i sindacati chiedevano, e le critiche che quota 100 si è portata dietro per tutti i suoi tre anni di sperimentazione, il governo con il benestare anche di chi difendeva a spada tratta la quota 100 come la Lega, ha deciso di introdurre quota 102. E si sono persi due anni esatti di possibilità. Più o meno quello che era successo anni prima, quando fu introdotta una misura davvero particolare come l’Ape sociale, oppure come Opzione donna.
Tutte misure tampone quelle emanate negli ultimi anni sulle pensioni
Misure tampone vere e proprie, che non risolvevano le problematiche del sistema ma che consentivano a determinate persone e determinati lavoratori, di uscire prima dal lavoro. Qualche volta con costi elevati e tagli pesanti di assegno, come per Opzione donna per esempio. Altre volte con misure che tutto sembrano che misure pensionistiche, come per l’Ape social, che è privo di maggiorazioni, assegni e tredicesima. Nulla a che vedere con riforme profonde come quelle che chiedono i sindacati per esempio. La quota 41 per tutti per esempio, è una autentica chimera.
Cosa accade adesso in vista del 2023
Appare sempre più fattibile il ritorno pieno alla riforma Fornero rispetto ad una riforma tanto sperata quanto difficile. Molti siti e giornali hanno già lanciato l’allerta sul ritorno alle regole lacrime e sangue della professoressa Elsa Fornero. Dopo le proroghe del 2022, il prossimo 31 dicembre torneranno a scadere sia Opzione donna che l’Ape sociale. E insieme a loro anche la quota 102. Infatti la misura nata in sostituzione della quota 100 va in scadenza il prossimo 31 dicembre. Una misura nata per durare solo un anno. Il motivo è presto detto. Si pensava che si sarebbe passati ad una riforma profonda del sistema, ecco perché la quota 102 fu varata come una specie di panacea temporanea. Secondo noi invece l’allarme sullo stop a queste misure e sul ritorno alle regole senza scivoli e senza deroghe del governo Monti sono esagerati.
Se sarà difficile lanciare una vera riforma, va detto che 9 su 10 si arriverà a prorogare le misure già oggi vigenti, lasciando al 2023 qualsiasi discorso di riforma. In pratica, un autentico “dejavù”. Quando novità e nuove misure sono difficili da varare, si perdono mesi a parlarne, per arrivare alla resa dei conti della legge di Bilancio con il solito rinvio a tempi migliori l’anno dopo.
Il 2023 e le pensioni, ci si muove su un campo minato
E si arriverà probabilmente a dire di si ad una proroga di Opzione donna, l’ennesima. A meno che non si decida di rendere la misura strutturale. Cosa niente affatto difficile, anche perché si tratta della misura che maggiormente taglia l’assegno a chi la sceglie. Nulla di trascendentale quindi come vantaggio, perché alle uscite a 58 anni per le lavoratrici dipendenti, c’è chi ha lasciato il 30% di pensione. Si arriverà ad estendere la misura a chi completa i requisiti entro la fine del 2022, come accade adesso a chi ha raggiunto 58 o 59 anni di età e 35 anni di contributi entro la fine dello scorso anno.
Lo scenario più plausibile porta allo stallo sulle pensioni
Proroga probabile pure per l’Ape sociale, perché si tratta di una misura a platea contenuta, limitata a poche categorie di soggetti anche se sono state aggiunte molte attività gravose quest’anno. Un misura che costa il giusto, su cui lo Stato risparmia su assegni familiari, tredicesima, maggiorazioni e così via. E probabilmente, se non si potrà fare altro, ecco che anche la quota 102 sarà prorogata. Perché immaginare che un governo, qualsiasi esso sia, arrivi a dire, basta con queste misure e si esce solo a 67 anni con la pensione di vecchiaia ordinaria, essendo un provvedimento che in quanto a gradimento è assai impopolare, appare azzardato come progetto. Sempre che l’esecutivo non sorprenda tutti e vari una autentica riforma delle pensioni sulla linea delle richieste di parti sociali e lavoratori. Mettendosi però contro ai diktat della UE che mai come in questi mesi sono da assecondare visto che sono in ballo i soldi del recovery fund e del Piano nazionale di ripresa e resilienza che l’esecutivo Draghi ha già varato.