Conviene o no la cedolare secca sugli affitti? Una domanda che chiunque ha a che fare con questa forma di contratto di affitto, oggi si pone. Le novità in materia non mancano. Prima di tutto perché è elevatissima l’inflazione di oggi, galoppante dopo il periodo nero vissuto per via della pandemia. E poi perché le nuove aliquote potrebbero essere penalizzati.
Cedolare secca per gli affitti, le novità
Optare per la cedolare secca o scegliere la tassazione ordinaria, questo il grande quesito di cui tratta anche il Corriere della Sera. Un dubbio lecito questo, perché si rischia di non trovare vantaggio optando per la tassazione agevolata rispetto a quella ordinaria. L’inflazione e le possibili modifiche dell’aliquota, come si evince dal Def, ovvero dal Documento di economia e finanza, mettono davvero molti dubbi. Va ricordato che parlare di cedolare secca significa parlare di una scelta in materia di pagamento delle tasse, che le persone fisiche possono adottare. Una scelta sul pagare l’aliquota agevolata in sostituzione della tassazione ordinaria.
Perché cedolare secca
La cedolare secca permette di pagare l’Irpef con una minima detrazione del 5%, il 2% di imposta di registro sul canone annuo e l’imposta di bollo sul contratto che è sempre la stessa e consta di 16 euro ogni quattro facciate. Si rammenda che oggi l’aliquota è pari al 21% sul canone annuo per tutti i contratti di locazione. Naturalmente si deve sottolineare che si parla di contratti d’affitto che come oggetto hanno un immobile ad uso residenziale e non commerciale. Inoltre va ricordato che nel contratto, come inquilino, deve essere una persona fisica e non giuridica. Optare per la cedolare secca implica in maniera obbligatoria, il rinunciare all’aggiornamento annuale del canone con il meccanismo della perequazione e quindi dell’adeguamento del canone al costo della vita.
Dubbi sugli scenari futuri, ecco cosa occorre fare
Ancora nettamente migliore il contratto con la cedolare secca rispetto al contratto ordinario, ma gli scenari prossimi dell’inflazione, nonché l’arrivo di aliquote peggiorative come anticipato nel Documento di Economia e Finanza, potrebbero presto rendere meno favorevole l’opzione. Una inflazione mai così elevata, che a marzo pare destinata a raggiungere il 6,7%, potrebbe portare molti proprietari immobiliari a revocare la tipologia di tassazione precedentemente scelta. E la legge lo consente dal momento che ogni hanno la revoca è ammissibile a condizione che sopraggiunga entro il termine di pagamento dell’imposta di registro. Nulla può fare l’inquilino se il proprietario decide così. Questo perché vengono meno le due condizioni cardine che in genere, con inflazione zero o bassa, spingono i proprietari immobiliari a operare per la cedolare secca. Parliamo di redditi bassi del proprietario immobiliare e di detrazioni più elevate rispetto alla soglia imponibile al netto del canone di locazione.
Il progetto del governo e cosa rischia di accadere
Come di legge testualmente sul Corriere della Sera, molto cambia se l’ipotesi di aumentare l’aliquota al 26% trovasse conferma dopo le anticipazioni del Documento di Economia e Finanza. In questo caso, non ci sarebbe storia e la scelta della cedolare secca lascerebbe inevitabilmente il campo alla tassazione ordinaria. Naturalmente il discorso fin qui fatto riguarda la cedolare secca e toglie fuori dal conteggio i contratti a canone concordato che non essendo liberi fanno storia a parte. L’effetto sarebbe il calo della domanda di affitto a lungo termine.