La pensione anticipata è la misura che insieme alla pensione di vecchiaia rappresenta uno dei due pilastri del sistema. Una misura che salvo cose estreme e cambiamenti radicali da parte del governo, resterà attiva anche nel 2023.
Sarebbe diverso se il governo accettasse, cosa oggi assai improbabile, alcune proposte dei sindacati, soprattutto quella che mira ad estendere a tutti il beneficio di quota 41.
Pensione anticipata nel 2023, ancora la riforma Fornero a farla da padrona
La pensione anticipata è quella misura che la riforma delle pensioni di Elsa Fornero ha introdotto in sostituzione delle pensioni di anzianità. Con il decreto “Salva Italia” del governo presieduto dal Premier Mario Monti, nel 2011 si decise di dare un taglio più aspro alle pensioni, inasprendo i requisiti di accesso. E così con la riforma “lacrime e sangue” della professoressa Elsa Fornero si arrivò a questa pensione anticipata.
Di inasprimento in inasprimento, la pensione anticipata si centra al raggiungimento di un unico requisito, quello contributivo. Nella misura inoltre è stato introdotto un trattamento differente in base al genere del richiedente. Le donne infatti hanno un trattamento agevolato, anche se di poco.
Pensione anticipata,i requisiti in sintesi
Ma quali sono i requisiti per la pensione anticipata nel 2022 e nei prossimi anni? Nel dettaglio la pensione anticipata nel 2022 si centra con:
- 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini;
- 41 anni e 10 mesi di contributi per le donne;
- 35 anni di contributi effettivi, al netto dei figurativi da disoccupazione o malattia.
Sulla misura grava una finestra di 3 mesi. In sostanza, la pensione è erogata a partire dal quarto mese successivo a quello in cui si maturano i requisiti. Non si centra la pensione, come avviene per le quiescenze di vecchiaia, a partire dal primo giorno del mese successivo a quello di maturazione dei requisiti.
Come si è arrivasti a 42 anni e 10 mesi di contributi versati
Va detto che si è arrivati a quelle soglie, per via degli incrementi dell’aspettativa di vita, fattore che con la riforma Fornero è rimasto in piedi per adeguare i requisiti di accesso alle pensioni, alla stima di vita degli italiani come calcolato dall’Istat.
A salvaguardare la pensione anticipata però, un recente indirizzo dato dal governo nei primi mesi di questa legislatura. È stato, di fatto, congelato il collegamento delle pensioni anticipate alla stima di vita. In pratica, anche nel 2023 (ma sarà così fino al 2026,sempre al netto di interventi del legislatore) nessun adeguamento è oggi previsto e la pensione anticipata verrà congelata ai requisiti odierni, cioè 42,10 o 41,10 rispettivamente per uomini o donne e senza alcun limite anagrafico.
E se alla fine si arrivasse a quota 41 per tutti? Dal 2023 cambierebbe tutto, anche le pensioni anticipate
Tra le proposte dei sindacati figura sempre la pensione anticipata con quota 41 per tutti. La misura oggi esiste già, ma limitata come platee. Si chiama quota 41 precoci, ed è una misura che rispetto alle pensioni anticipata ha più di qualcosa in comune. L’attuale quota 41 per precoci è distaccata da limiti anagrafici proprio come la pensione anticipata ordinaria. Inoltre, dei 41 anni di contributi richiesti, almeno 35 devono essere al netto dei contributi figurativi da disoccupazione o malattia, alla stregua delle pensioni anticipate canoniche.
Ciò che varia è la platea di riferimento. La misura è indirizzata ai precoci, coloro che hanno completato almeno un anno di contributi versati, non necessariamente continui, prima dei 19 anni di età. Inoltre la prestazione conosciuta come quota 41 precoci si applica solo a 15 attività di lavoro gravoso che comprendono tra le altre, ostetriche e infermieri delle sale operatorie e delle sale parto, edili, camionisti e maestre o educatori di asili nido e scuole dell’infanzia.
Altre categorie a cui si applica l’attuale quota 41 sono i disoccupati, alcuni invalidi e chi assiste un parente stretto disabile grave (cd caregivers).
Quota 41 per tutti, misura che cancellerebbe la pensione anticipata
Con la quota 41 per tutti invece, il vantaggio di un anno e 10 mesi per gli uomini, e di 10 mesi per le donne, è evidente. Un discreto vantaggio rispetto alle quiescenze anticipate ordinarie che si estenderebbe alla generalità dei lavoratori, rendendo la pensione anticipata inutile. Chi resterebbe al lavoro fino a 42 anni e 10 mesi se si da la facoltà di uscire con 41 anni di versamenti e soprattutto, con le stesse regole di calcolo? A meno che non si colleghi la quota 41 per tutti al ricalcolo contributivo della prestazione. Soluzione questa che andrebbe a differenziare questa misura, dalla pensione anticipata rendendola penalizzante come importo.
Una via questa che potrebbe però essere determinante nella scelta del governo di arrivare per davvero alla quota 41 per tutti. Ogni cavillo, vincolo o requisito aggiuntivo volto a rendere meno appetibile una misura, permetterebbe al governo di avere più facilità nell’approvare una misura per via del contenimento della spesa previdenziale. Un principio questo che è stato alla base sempre, di qualsiasi misura previdenziale varata negli ultimi anni. In pratica, varare una misura e renderla il meno appetibile possibile.
Anche la pensione flessibile a 62 anni potrebbe rivoluzionare il sistema
Parliamoci chiaro, oggi e nel 2023 se non si vuole aspettare la pensione di vecchiaia a 67 anni l’alternativa fissa resta solo una. Ed è quella della pensione di vecchiaia ordinaria. Le altre misure, chi come vincoli di platea (anticipata contributiva, anticipata per invalidi, Ape sociale e così via) e chi come scadenza (la quota 102 nel 2023 sparirà), non rappresentano solide soluzioni. Non si tratta di vie atte ad evitare di dover arrivare ai 67 anni per mettersi a risposo.
Ma potrebbe essere introdotta un’altra misura che può essere definita insieme alla quota 41 per tutti, il cavallo di battaglia dei sindacati. Parliamo naturalmente della pensione flessibile dai 62 anni di età. Una misura che offrirebbe una opzione a tutti i lavoratori, cioè quella di decidere liberamente ed in base alle proprie esigenze, di centrare la quiescenza una volta raggiunta l’età minima di 62 anni e la carriera contributiva minima di 20 anni.
Soluzione questa che andrebbe anche nella direzione di diventare alternativa alla pensione anticipata. Statistiche alla mano, è proprio a 62 anni l’età più frequente con cui escono i lavoratori con la quiescenza anticipata con 42,10 o 41,10 anni di contributi versati. Evidente quindi che permettere a tutti di accedere alla pensione a 62 anni, anche a coloro a cui mancano pochi anni dal raggiungimento dei 42,10 o 41,10 anni di contributi per le anticipate, sarebbe una autentica manna dal cielo.