L’assegno ordinario di invalidità è riconosciuto ai lavoratori che perdano almeno 2/3 della capacità lavorativa, ma cosa succede al momento in cui maturano i requisiti per la pensione? In particolare: cambia l’importo percepito in seguito alla trasformazione?
Cos’è l’assegno ordinario di invalidità?
L’assegno ordinario di invalidità, da non confondere con l’indennità di invalidità civile, è una prestazione economica, non reversibile, riconosciuta ai lavoratori dipendenti e autonomi, sono esclusi i lavoratori del settore pubblico. La disciplina di questo istituto è contenuta nella legge 222 del 1984.
Il diritto a percepirlo è riconosciuto ai lavoratori che abbiano maturato almeno 5 anni di anzianità contributiva, di cui 3 nel quinquennio precedente rispetto al momento in cui si presenta l’istanza. Per ottenere l’assegno ordinario di invalidità è inoltre necessaria la perdita di almeno 2/3 della capacità lavorativa a causa di un’infermità fisica o mentale. La sentenza della Corte di Cassazione 7770/2006 ha sottolineato che la riduzione delle capacità lavorativa non deve essere valutata avendo come riferimento le tabelle utilizzate per l’invalidità civile, ma avendo come punto di riferimento le mansioni generalmente svolte dal soggetto che presenta l’istanza.
Per ottenere l’assegno ordinario di invalidità non sono previsti requisiti anagrafici. Ci sono invece dei limiti inerenti la durata, infatti lo stesso viene corrisposto per 3 anni ed è prorogabile su richiesta del lavoratore. Naturalmente la proroga avviene solo nel caso in cui persistano i requisiti che hanno portato al riconoscimento dell’assegno. Dopo tre conferme, quindi dopo nove anni, si rinnova automaticamente, infine al raggiungimento dei requisiti per la pensione di vecchiaia si trasforma automaticamente in tale misura. La differenza è data dal fatto che l’assegno ordinario di invalidità non prevede reversibilità, mentre la pensione di vecchiaia sì, inoltre vi è anche un adeguamento dal punto di vista economico.
Come si calcola l’importo dell’assegno ordinario di invalidità?
L’importo dell’assegno ordinario di invalidità si misura sulla base dei contributi effettivamente versati dal lavoratore.
Se il lavoratore ha maturato dei contributi prima del 1996 si adotta il criterio misto (contributivo e retributivo) per il calcolo dell’ammontare. In questo caso se prima del 1996 il lavoratore aveva maturato almeno 18 anni di contributi, il sistema retributivo si applica fino al 2011, mentre se prima del 1996 i contributi maturati erano meno di 18 anni, il calcolo retributivo si applica fino al 1996.
Per coloro che hanno iniziato a lavorare dopo il 1° gennaio 1996 il calcolo è interamente contributivo.
Fatta questa premessa, la normativa stabilisce che, se applicando i criteri visti il risultato è una assegno ordinario di invalidità di valore inferiore al minimo previsto dalle singole gestioni, il contributo mensile sarà adeguato al minimo. Vi sono però dei correttivi:
- per i soggetti coniugati e non separati legalmente l’integrazione ora vista non spetta se il reddito complessivo supera di tre volte il minimo per la gestione a cui appartiene il richiedente;
- l’integrazione inoltre non spetta a coloro che hanno ulteriori redditi propri di importo superiore a due volte il valore previsto per la pensione sociale.
A questo punto occorre ricordare che coloro che, nonostante il riconoscimento dell’assegno ordinario di invalidità continuano a svolgere attività lavorativa, possono andare incontro a una riduzione degli importi. La stessa è del 25% per coloro che dichiarano redditi compresi tra 4 e 5 volte il minimo dell’assegno sociale e del 50% per coloro che dichiarano redditi superiori a 5 volte il minimo sociale. Per il 2022 il trattamento minimo sociale è 523,83 euro.
Nella trasformazione in pensione di vecchiaia, l’importo cambia?
Maturati i requisiti per la pensione di vecchiaia, l’assegno ordinario di invalidità viene automaticamente trasformato in pensione di vecchiaia. Ciò porta dei vantaggi, infatti se prima del riconoscimento del sostegno economico erano maturati dei contributi, l’assegno viene appunto calcolato su questo, con la possibile integrazione vista prima.
Nel frattempo, visto che residua della capacità lavorativa, il lavoratore può continuare a maturare dei contributi a fini pensionistici. Nel momento della trasformazione dell’assegno dovranno essere considerati anche tali contributi e questo porterà a un aumento dell’assegno riconosciuto.
Non ci sarà aumento nel caso in cui invece il percettore non abbia maturato ulteriori contributi e quindi abbia cessato ogni attività lavorativa.
Con la trasformazione dell’assegno ordinario di invalidità in assegno di pensione viene meno anche un altro svantaggio, avevamo visto in precedenza che vi era una riduzione degli importi nel caso in cui residuava al lavoratore capacità lavorativa e lui riusciva ad ottenere un reddito imponibile. Con la trasformazione non c’è più questa decurtazione quindi l’assegno sarà percepito per intero anche nel caso in cui il soggetto ha altre entrate.
Infine, come già anticipato, una volta trasformato l’assegno ordinario di invalidità in assegno di pensione matura anche il diritto a percepire la pensione superstiti o di reversibilità.