In questa rapida guida andremo a scoprire cosa è un accertamento fiscale e sostanzialmente come ci si difende da esso e quali rischi può comportare.
Che cosa è un accertamento fiscale
Una domanda piuttosto frequente per il contribuente è quali siano le possibili contestazioni che si possono sollevare contro un atto dell’Agenzia delle Entrate, del Comune o della Regione? Od anche quando può essere fatto un accertamento fiscale? Scopriamo insieme di cosa si tratta e come dare risposta a queste domante.
Sostanzialmente, quando si parla di «accertamento» si fa riferimento, in linea di massima, al provvedimento con cui il Fisco (sia quello Statale che degli enti locali, come i Comuni e le Regioni) chiede il pagamento di ulteriori tributi rispetto a quelli già versati o non versati affatto dal contribuente. Quindi si parla anche di provvedimento impositivo o, ancora, di recupero a tassazione.
Nello specifico, un atto di accertamento può essere emanato solo da un ente pubblico: canonicamente, l’Agenzia delle Entrate per i tributi dovuti allo Stato; ma esso può anche essere emesso da un ente locale (come ad esempio il Comune che potrebbe contestare il mancato pagamento dell’Imu o della Tari, l’imposta sui rifiuti; o alla Regione che potrebbe richiedere il bollo auto non versato dall’automobilista).
Al di fuori delle diverse denominazioni che l’atto può assumere (avviso di accertamento, avviso di liquidazione, atto impositivo, atto di recupero a tassazione, ecc.), tale atto ha comunque sempre lo stesso contenuto e le medesime caratteristiche di base. Scopriamo di più di seguito.
Impugnazione dell’accertamento fiscale
Va sempre aggiunto, a quanto detto sopra, che l’accertamento fiscale deve essere motivato: deve pertanto, cioè, spiegare in una modalità chiara e comprensibile le ragioni che si pongono alla base della richiesta di maggiori pagamenti, indicando sia i fatti rilevanti, sia le norme di diritto che si ritengono violate.
Tutto ciò a garanzia del contribuente, nella maniera di consentirgli di contestare la pretesa impositiva e poter presentare eventualmente ricorso al giudice, in modo da potersi difendere in merito al ragionamento fatto dal Fisco. E qualora l’accertamento andasse a richiamare altri atti o documenti, che ne integrano la motivazione, questi dovranno essere necessariamente allegati.
Occorre specificare che qualunque accertamento fiscale può essere impugnato dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale in primo grado e, successivamente dinanzi alla Commissione Tributaria Regionale in appello.
Il termine fissato per l’impugnazione è di 60 giorni che scattano dalla avvenuta notifica, una volta scaduto l’atto, seppur illegittimo, assume forma definitiva ed immediatamente esecutiva, consentendo così l’iscrizione a ruolo del tributo e l’avvio delle pratiche di riscossione che avviene attraverso l’Agente per la riscossione (con la notifica della cartella esattoriale).
Ad ogni modo, lo Statuto dei contribuenti impone che l’accertamento fiscale debba contenere tutte le informazioni necessarie all’impugnazione, dovendo indicare sia il giudice innanzi al quale il ricorso può essere presentato, sia i termini entro cui va effettuato, sia il nominativo del responsabile del procedimento. Pena la nullità dell’atto.
Come pagare in forma ridotta
Qualora il contribuente non intendesse fare ricorso contro l’accertamento, ritenendosi pertanto d’accordo con la pretesa impositiva dell’amministrazione finanziaria, andando a pagare nei termini può definire le sanzioni in via ridotta. Quindi, ottenendo così una riduzione dell’imposta sull’ accertamento fiscale.
Questo, dunque è quanto vi fosse di più necessario da sapere in merito ad una situazione di accertamento fiscale.