In epoca di smart working sempre più frequente, per motivi pandemici, andiamo a scoprire alcune perplessità in merito a questa modalità di lavoro. La questione che andremo ad esaminare nello specifico è se il datore di lavoro può controllare in maniera lecita il proprio dipendente in smart working. Scopriamolo assieme nei seguenti paragrafi.
Smart working: il controllo del datore di lavoro
Anche quando lavoriamo da casa, la reperibilità del dipendente deve essere sempre attiva nelle ore di lavoro previsto, ma il modo in cui si possono gestire il tempo, le pause, ed anche le distrazioni domestiche quando si è a casa, non è lo stesso di quello in ufficio.
Cosa può o non può essere lecito, dunque per il datore di lavoro nel controllare il proprio dipendente?
Partendo un po’ da “lontano”, nel 2015, va detto che è stato modificato lo Statuto dei lavoratori nella parte in cui prevedeva l’utilizzo di strumenti per il controllo a distanza dell’attività dei dipendenti. Prima di tale data, l’uso di apparecchiature per questo scopo era vietato, tranne nei casi richiesti «da esigenze organizzative o per la sicurezza sul lavoro». Ad ogni caso, anche per questo fine era necessario un accordo con le rappresentanze sindacali aziendali o l’autorizzazione dell’Ispettorato del lavoro.
Dopo quella data, è stato eliminato l’obbligo di accordo. Resta però vietato l’uso del controllo intenzionato sul lavoratore.
In parole povere, possiamo dire che ancora oggi, i sistemi di videosorveglianza a distanza devono avere soltanto lo scopo di controllo per esigenze organizzative e produttive, ovvero per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale.
A cosa serve per il datore di lavoro che viene visionato o registrato da quelle telecamere? Il materiale può essere utilizzato a ogni scopo legato al rapporto, anche a fini disciplinari. Ma i lavoratori devono essere previamente informati delle modalità d’uso degli impianti di videosorveglianza e dell’effettuazione dei controlli.
Come va fatto il controllo in smart working?
Dunque, ciò che è stato detto sopra vale, specialmente, per chi lavora in azienda. Coloro che invece svolgono la propria attività in smart working da casa propria, da un hub messo a disposizione dall’azienda o dalla seconda casa sul mare, può essere controllato a distanza? E, eventualmente, come?
Stando alla Cassazione, è legittimo controllare la posta elettronica aziendale di un lavoratore solo se costui ha inviato dei messaggi impropri attraverso questo mezzo al rappresentante legale dell’azienda. Basti pensare a chi si mette ad insultare i superiori via e-mail o a chi contesta in modo volgare certe decisioni organizzative.
Allo stesso modo in cui è legittimo accedere al computer aziendale per verificare se il dipendente lo stia realmente utilizzando per lavorare oppure sta usando il pc per giocare al solitario o per navigare sui social senza alcuna attinenza alla sua attività lavorativa ed al lavoro che appunto dovrebbe svolgere.
Ad ogni modo, va precisato che in ogni caso, il dipendente dovrà essere informato delle modalità dei controlli a distanza previsti dall’azienda. Se ciò non accade, quindi in caso contrario, il datore di lavoro può essere accusato di violazione della privacy.
Dunque, questo è quanto vi fosse di più necessario da sapere in merito alla possibilità di controllo in smart working da parte del datore di lavoro, sul proprio dipendente. Indicazioni da tenere ben presenti, in un periodo come quello che stiamo attraversando.