L’impresa sociale nasce con il decreto legislativo 112 del 2017. Si tratta di un Ente del Terzo Settore, ma sicuramente particolare, infatti può essere considerata una figura ibrida tra un’associazione e un’attività imprenditoriale a tutti gli effetti. Ecco le caratteristiche e quando conviene scegliere tale struttura per la propria attività.
Cos’è l’impresa sociale
Possiamo trovare la definizione di impresa sociale nell’articolo 1 del decreto legislativo 112 del 1917. Questo definisce l’impresa sociale come un ente privato, che può avere anche la forma di società. Deve esercitare in via stabile un’attività d’impresa di interesse generale, senza scopo di lucro con una gestione trasparente. Infine, è previsto il coinvolgimento dei lavoratori, gli utenti e gli altri soggetti interessati all’attività.
Emerge fin da subito che si tratta di un’attività d’impresa perché tale dicitura utilizza proprio l’articolo, ma che allo stesso tempo non deve esservi scopo di lucro. Solitamente queste due caratteristiche non si trovano insieme nello stesso ente ed è proprio qui la sfida. Emerge che è prevista la presenza di lavoratori, che però non restano semplicemente dei dipendenti, ma dei soggetti coinvolti anche nella gestione dell’attività, inoltre deve essere favorita la partecipazione di chi vi abbia interesse e quindi l’attività deve essere gestita nel modo più possibile inclusivo, vedremo a breve cosa comporta ciò.
L’articolo 1 del decreto ha però anche una connotazione negativa, cioè sono indicate anche le caratteristiche che un ente che voglia qualificarsi come impresa sociale non deve assolutamente avere. L’articolo stabilisce che non può trattarsi di società costituite da un unico socio persona fisica, inoltre non si può trattare di amministrazioni pubbliche e non vi possono essere limitazioni nell’erogazione di beni e servizi in favore di soli soci o associati. Tale limitazione deve essere letta in correlazione al fatto che come specifica il primo comma dell’articolo, l’impresa sociale deve conseguire un interesse generale
Si deve ritenere che l’esclusione di società unipersonali sia dovuta al fatto che verrebbe a mancare il principio solidaristico e la democraticità dell’impresa sociale stessa.
Nel continuare a definire l’impresa sociale occorre ricordare anche il comma 4 dell’articolo 1, questo stabilisce che le cooperative sociali e i loro consorzi acquisiscono di diritto la qualifica di imprese sociali.
Attività che possono essere svolte dall’impresa sociale
L’articolo 2 del decreto invece elenca le attività di impresa che possono essere esercitate dall’impresa sociale che ricordiamo opera nell’ambito del Terzo Settore:
- interventi e servizi sociali; interventi e prestazioni sanitarie; prestazioni socio-sanitarie; educazione, istruzione e formazione professionale;
- interventi volti alla salvaguardia dell’ambiente;
- tutela e valorizzazione del patrimonio culturale e del paesaggio;
- formazione universitaria e post-universitaria;
- ricerca scientifica di particolare interesse sociale;
- organizzazione e gestione di attività culturali, artistiche o ricreative di interesse sociale radiodiffusione;
- organizzazione e gestione di attività turistiche di interesse sociale, culturale o religioso;
- formazione extra scolastica, volta anche ad evitare la dispersione scolastica, il bullismo e a contrastare la povertà educativa;
- fornitura di servizi a imprese sociali e altri enti del terzo settore;
- cooperazione allo sviluppo;
- attività commerciali volte allo sviluppo del commercio equo e solidale;
- servizi volti all’inserimento o al reinserimento nel mercato del lavoro;
- alloggio sociale;
- accoglienza umanitaria ed integrazione sociale dei migranti;
- microcredito;
- agricoltura sociale;
- riqualificazione di beni pubblici inutilizzati o di beni confiscati alla criminalità organizzata
L’articolo 1 decreto sottolinea che nel caso in cui le attività dell’articolo 2 siano svolte da enti religiosi, anche questi possono ottenere la qualifica di impresa sociale.
Ulteriori requisiti per l’impresa sociale
Oltre al requisito oggettivo, cioè inerente all’attività svolta dall’impresa sociale, affinché possa essere riconosciuta tale qualifica è necessario avere in considerazione anche gli utili prodotti, infatti la qualifica sussiste se almeno il 70% dei ricavi deriva da tali attività. Sono considerate imprese sociali, indipendentemente dall’oggetto dell’attività quelle che: occupano lavoratori svantaggiati e persone con disabilità, questi devono rappresentare almeno il 30% dei lavoratori occupati.
L’impresa sociale per conservare tale qualifica deve comunque rispettare anche altri “limiti” in particolare l’articolo 3 del decreto stabilisce il divieto di ripartire gli utili, fondi e avanzi di gestione tra i soci, associati, collaboratori, amministratori, soci lavoratori e fondatori. Gli utili invece devono essere “investiti” in attività sociali e di interesse generale. Naturalmente amministratori, sindaci e chiunque rivesta cariche sociali possono avere dei compensi, ma devono essere proporzionati rispetto all’attività effettivamente svolta all’interno dell’impresa sociale.
Come si costituisce e vantaggi fiscali
L’impresa sociale deve essere costituita con atto pubblico e nella denominazione deve essere indicato in modo esplicito che trattasi di un’ “impresa sociale”. E’ obbligata alla tenuta delle scritture contabili e deve pubblicare sul sito internet il bilancio sociale. Naturalmente a fronte di tali obblighi e restrizioni vi sono dei vantaggi, questi sono di tipo fiscale e sono correlati alle finalità sociali che sono perseguite dalle imprese sociali.
In primo luogo vi è una detassazione di utili e avanzi di gestione dell’impresa sociale. In favore delle imprese sociali è anche prevista la possibilità per le Regioni e le province autonome di Trento e Bolzano di disporre una riduzione o un’esenzione dal pagamento dell’IRAP. Trova invece applicazione i regime ordinario dell’IVA.
Le imposte di registro, ipotecaria e catastale si applicano in misura fissa sugli atti traslativi inerenti beni immobili che sono utilizzati direttamente dall’impresa sociale. Tale utilizzo deve avvenire nell’arco di 5 anni, in caso contrario si procede al recupero delle somme che avrebbero dovuto essere versate. In caso di donazioni o lasciti testamentari, le imprese sociali sono esonerate dal versamento dalle imposte sulle successioni e donazioni e da imposte ipotecarie e catastali. Vi è inoltre l’esenzione da imposte di bollo, concessioni governative e imposta sugli intrattenimenti e d esenzione da IMU e TASI relative agli immobili utilizzati a fini statutari.
Tra i vantaggi è bene ricordare che è ancora possibile richiedere il ristoro per gli enti del terzo settore