Il periodo di comporto nel mondo del lavoro è spesso motivo di polemica, di curiosità o di preoccupazione, per il calcolo della sua funzionalità. In questa rapida guida scopriremo come funziona il calcolo in merito ai giorni festivi, giorni non lavorativi e giorni non lavorati.
Periodo di comporto, cosa è e come si calcola
Il periodo di comporto non è altro che il tempo debito per la malattia del dipendente, insomma il periodo in cui il lavoratore è in pausa dal lavoro.
La breve premessa era doverosa, datosi che genericamente viene semplificato come “periodo di malattia”, ed è quella durata di tempo massimo che è consentita preventivamente, già in accordo tra titolare e dipendente e che non può essere superato. Ad esempio, il canonico tetto massimo di 180 giorni di malattia, che talvolta sono di meno. Da non confondere con i canonici 15/25 giorni di ferie in base al proprio lavoro.
Ma come si calcola e come funziona per i festivi e differenziandolo tra giorni non lavorativi e quelli non lavorati, lo scopriamo nei prossimi passaggi della nostra guida.
Come funziona il periodo di comporto per festivi
Innanzitutto, cosa si intende per giorni festivi. In pochi ancora non lo sanno.
Ovviamente, quando si parla di giorni festivi si fa espressamente riferimento a giorni in cui non si lavora, da calendario. Quindi le domeniche (a meno che non siate un’attività di beni primari, come farmacie o bar e ristoranti, per intenderci) e quelle date segnate in rosso sul calendario, come il primo gennaio e il 25 dicembre, per esempio.
In tal senso si parla, quindi, di giorni non lavorativi, nei quali appunto non si può e non si dovrebbe lavorare, da previsione di legislatura.
Nel caso dei giorni non lavorati, invece il riferimento è ai giorni in cui non ha lavorato il dipendente, ma nei quali avrebbe dovuto lavorare. E, quindi, a meno che non abbia usufruiti delle ferie, gli verrà decurtato dalla busta paga.
Ad esempio, in caso di paga mensile, è spesso presente la riga “Ore non lavorate” che ha lo scopo di decurtare dall’importo della paga mensile, indicata alla voce “Ore ordinarie”, le ore in cui il lavoratore é stato assente a causa di festività, maternità, ferie, congedo matrimoniale, malattia e infortunio.
Come si calcola il comporto in tali casi, distinguendo tra giorni festivi, non lavorativi e giorni non lavorati
Quindi, veniamo alla domanda cruciale della nostra guida, ovvero come calcolare il comporto tra festivi, giorni non lavorativi e non lavorati.
In sintesi, possiamo dire che al fine del calcolo del comporto occorre tener conto anche dei giorni non lavorativi cadenti nel periodo di assenza per malattia, dovendosi presumere la continuità dell’episodio morboso e la presunzione di continuità va ad operare sia per le festività ed i giorni non lavorativi che cadano nel periodo della certificazione, sia nella diversa ipotesi di certificati in sequenza di cui il primo attesti la malattia sino all’ultimo giorno lavorativo che precede il riposo domenicale (ossia fino al venerdì) ed il secondo la certifichi a partire dal primo giorno lavorativo successivo alla domenica (ovvero dal lunedì).
Ciò significa, per dirla in breve, che è necessario rientrare al lavoro non appena termina la malattia indicata sul certificato e che non è possibile prorogarla anche ai giorni festivi come il sabato e la domenica: l’interruzione della malattia utile ai fini del comporto si ha dal giorno in cui il lavoratore riprende concretamente servizio
Quanto letto fin qui era, dunque, quanto di più utile, esaustivo e necessario da appurare e scoprire in merito alla questione del calcolo del comporto, tenendo in considerazione il distinguo per i giorni festivi, con quelli non lavorativi e quelli effettivamente non lavorati dal dipendente, per eventuali casi di malattia.