Si è detto più volte che i Buoni Fruttiferi Postali in Italia hanno avuto un successo tutt’altro che marginale, al punto da essere diventati uno strumento di investimento più che di risparmio, a un certo punto però Poste Italiane e la normativa italiana hanno cambiato le carte in gioco, generando confusione e false aspettative. Da queste modifiche in itinere sono derivate numerose controversie e di conseguenza ci sono tantissime sentenze in materia. Oggi ci occuperemo della tassazione dei Buoni Fruttiferi Postali.
Tassazione dei Buoni Fruttiferi postali: quando è stata introdotta?
Ciò che per molto tempo ha reso i Buoni Fruttiferi Postali uno strumento molto amato, non sono stati solo gli interessi elevati, ma anche il fatto che gli interessi non fossero tassati. Questo importante fattore è però venuto meno nel 1986, che può può essere considerato per i risparmiatori/investitori di Poste Italiane un anno di spartiacque da cui sono però nati anche molti ricorsi giurisdizionali. In questo anno il Decreto Legge 556 del 1986 sopprime l’esenzione dall’imposizione fiscale sui rendimenti dei buoni fruttiferi postali, prevede l’applicazione dell’articolo 26 del DPR 601 del 1973 e stabilisce l’aliquota al 12,50%, la stessa che è ancora oggi in vigore. L’intermediario, o meglio operatore di Poste Italiane, esegue il versamento in qualità di sostituto d’imposta.
Calcolo della Tassazione su Buoni Fruttiferi Postali
Sulla disciplina interviene un altro atto cioè il Decreto Ministeriale 23/6/1997 che stabilisce una particolare regola, cioè per i buoni delle serie “Q” “R” “S” emessi fino al 31 dicembre 1996 è prevista la capitalizzazione annua degli interessi e quindi l’applicazione della tassazione anno per anno sugli stessi, diminuendo così gli importi che continuavano a maturare interessi. Dal punto di vista pratico la differenza è una: se l’imposizione fiscale avviene esclusivamente al momento della riscossione con l’applicazione dell’aliquota al 12,50%, il montante finale riscosso dall’investitore è più alto, mentre applicando la capitalizzazione degli interessi anno per anno con applicazione dell’imposta annuale, il montante al momento della riscossione è più basso.
Sentenza 1390 del 2020 del Tribunale di Bergamo
Proprio per tali effetti il titolare del Buono propone un ricorso e il Tribunale di Bergamo lo ha risolto con la sentenza 1390 del mese di ottobre 2020. Nella stessa si afferma che in realtà gli interessi devono essere calcolati esclusivamente al momento della richiesta di liquidazione del Buono Fruttifero Postale. Il Tribunale di Bergamo ha individuato in questo caso un conflitto tra norme gerarchicamente diverse, cioè il decreto legge 556 del 1996 e il decreto legislativo che sono da considerare fonti primarie e il Decreto Ministeriale che è invece da considerare un provvedimento amministrativo. Di conseguenza liquida in favore della parte ricorrente i maggiori importi calcolati dal Consulente Tecnico e condanna Poste Italiane al pagamento delle spese.
La sentenza però fa salve alcune parti del decreto ministeriale, infatti sottolinea che lo stesso resta valido nelle parti in cui stabilisce minori interessi sui Buoni Fruttiferi Postali in quanto si tratta di una disciplina di competenza del Ministero che invece non ha poteri inerenti la disciplina della tassazione.
Le sentenze avverso Poste Italiane inerenti la liquidazione dei Buoni Fruttiferi Postali sono numerose e tra queste ci sono quelle sui buoni cointestati da liquidare dopo la morte di uno dei cointestatari.
Per un approfondimento su questo tema leggi l’articolo: Buoni Fruttiferi Postali cointestati: cosa succede in caso di morte
Cosa fare se si hanno dubbi sulla tassazione dei Buoni Fruttiferi Postali?
La sentenza vista è importante, ma al solito trova applicazione solo al caso concreto, tanto più che trattasi di una sentenza di tribunale di primo grado, questo implica che molto probabilmente per il Buoni della serie viste, Poste Italiane continuerà ad applicare la tassazione con capitalizzazione degli interessi annuale. Questo in forza della Decisione Coll Coor. 6142/2020 dell’ABF (Arbitro Bancario Finanziario) che ha sposato la tesi di Poste Italiane senza tenere in considerazione la sentenza in oggetto. Proprio per questo è bene controllare gli importi che si dovrebbero ricevere e agire di conseguenza per evitare perdite che potrebbero essere anche rilevanti.
Nel caso in oggetto la differenza tra le diverse tecniche di calcolo è di circa 5.000 euro, infatti Poste Italiane propone una liquidazione 10.000 euro circa, mentre dalle risultanze del CTU, appoggiate dal Tribunale, gli importi dovuti al risparmiatore erano di 15.000 euro.
In ogni caso è bene porre attenzione a tutta la normativa inerente i Buoni Fruttiferi Postali, tra cui quella sulla scadenza e prescrizione. Vuoi saperne di più? leggi l’articolo Prescrizione dei Buoni Fruttiferi Postali: quando si verifica?