Buone notizie per i pensionati italiani: dal 1° gennaio 2022 sono previsti aumenti delle pensioni. In realtà si tratta di un semplice adeguamento che però quest’anno sarà più sostanzioso, vediamo le prospettive per la rivalutazione pensioni 2022.
Rivalutazione pensioni 2022
Le pensioni devono essere adeguate al costo della vita e di conseguenza con l’aumento dell’inflazione devono aumentare anche gli importi delle pensioni. Per il 2021 l’inflazione si è attestata intorno all’1,7%, mentre per il 2022 si prevede un’ulteriore inflazione dell’1,3%. Si ritiene che l’aumento delle pensioni si attesterà nel 2022 all’1,5%. Questo vuol dire che l’adeguamento per il 2022 sarà abbastanza percepito dagli italiani, infatti negli anni passati con inflazione vicina allo 0% gli adeguamenti sono risultati davvero irrisori e nel 2021 con inflazione negativa nel 2020, non c’è stato adeguamento.
Ci sono delle variabili però da considerare, infatti in passato più volte le pensioni “alte” hanno subito dei blocchi delle rivalutazioni. Il primo nel 2001 con il meccanismo della perequazione che rivalutava al 100% le pensioni fino a 3 volte il minimo INPS, il 90% per le pensioni da 3 a 5 volte superiori il minimo INPS e il 75% per le pensioni fino a 5 volte superiori, nessuna rivalutazionne per le altre. Poi c’è stata la legge Fornero e il governo Monti che hanno rivalutato solo le pensioni fino a 3 volte superiori rispetto al minimo INPS. Furono rivalutate le pensioni fino a 1405 euro.
Bonus Poletti
Su questa disciplina vanno però ad impattare le pronunce della Corte Costituzionale, questa ha statuito che se anche vi sono dei deficit economici, cioè le casse dell’INPS sono in ristrettezza, la rivalutazione delle pensioni deve comunque esservi, misure differenti possono essere adottate solo per periodi ristretti e non come regime ordinario. Ad esempio già con la sentenza 70 del 2015 boccia i criteri di rivalutazione applicati del 2012-2013, in questo caso si fece fronte alla bocciatura con il Bonus Poletti che reintegrava i pensionati che non avevano avuto la rivalutazione applicando degli scaglioni del meccanismo di perequazione. La rivalutazione del Bonus Poletti (Governo Renzi) prevedeva un reintegro applicato al 40% per le pensioni da 3 a 4 volte superiori al minimo INPS, 20% da 4 a 5 volte, 10% per le pensioni da 5 a 6 volte superiori al minimo e infine nessuna valutazione per le altre.
Questo dovrebbe implicare che, visto il lungo lasso di tempo in cui le pensioni hanno subito la decurtazione della rivalutazione, ora non dovrebbe essere applicato il blocco delle rivalutazioni per evitare incostituzionalità.
Corte Costituzionale: il blocco della rivalutazione delle pensioni è una misura eccezionale
Le pronunce della Corte Costituzionale sono diverse, qui citiamo una molto importante, cioè la 234 del novembre 2020, in questa la Corte Costituzionale ribadisce che è legittimo un provvedimento con cui sia raffreddata la rivalutazione delle pensioni più elevate o sia imposto un contributo di solidarietà a chi percepisce pensioni medio-alte, ma dette misure devono avere una durata massima di 3 anni. In effetti il contributo di solidarietà del Governo Monti aveva tali caratteristiche.
Di fatto il blocco delle rivalutazioni è stato reiterato nel tempo, in particolare con la legge di bilancio per il 2019 (legge 145 del 2018). Tale legge stabilisce che per il triennio 2019-2021 siano oggetto di rivalutazione al 100% solo le pensioni fino a 3 volte il minimo, per il 2021 (anno in cui la rivalutazione non ha avuto luogo in quanto l’inflazione era negativa) la pensione minima è fissata in 515,58 euro, mentre per le pensioni superiori la rivalutazione è decrescente, cioè più è alto l’importo e minore è la percentuale di rivalutazione. Ad esempio per le pensioni:
- fino a 4 volte superiori al minimo, la rivalutazione è del 97%;
- per quelle fino a 5 volte superiori al 77%;
- per le pensioni nello scaglione da 5 a 6 volte superiore al minimo, la rivalutazione è al 52%;
- la rivalutazione è al 47% dagli importi tra il 6 e 8 volte superiore al minimo;
- 45% per lo scaglione fino a 9 volte superiore;
- 40% tutte le altre.
Corte Costituzionale fissa i paletti per il raffreddamento della rivalutazione
La Corte Costituzionale nella sentenza citata stabilisce che raffreddare il sistema di rivalutazione delle pensioni possa essere considerato legittimo, a patto che siano rispettati dei paletti, cioè che la misura sia volta a perseguire obiettivi interni al sistema previdenziale, quindi i risparmi devono essere in favore dello stesso ente previdenziale che deve però avere delle motivazioni obiettive per esercitare tale blocco delle rivalutazioni, inoltre vi deve essere un orizzonte temporale predefinito (triennale).
Ora, tornando alla questione che qui ci occupa, si è visto che la legge di bilancio per il 2019 ha previsto scaglioni che dovrebbero cessare il 31 dicembre 2021, si deve capire cosa deciderà il Governo per il 2022; il blocco potrebbe essere reiterato, ma ciò farebbe proporre molti ricorsi per incostituzionalità visto che la sentenza della Corte Costituzionale pone dei limiti e sembra difficile giustificare, oggi con debito pubblico alto, ma un Paese in forte crescita e un’inflazione piuttosto alta, un nuovo blocco andrebbe a danneggiare notevolmente molti pensionati.
Quale sarà l’impatto della rivalutazione pensione 2022?
Se la rivalutazione pensioni 2022 sarà all’1,5%, come atteso, su una pensione di 1.000 euro, vi sarà un aumento di 15 euro, naturalmente, deve essere verificato l’importo della tassazione. In genere chi ha una pensione di 1.000 euro si trova nel primo scaglione con aliquota IRPEF al 23% a ciò devono essere aggiunte addizionali regionali e comunali che possono avere aliquote diverse. Tendenzialmente l’aumento netto su una pensione di 1.000 euro potrebbe essere intorno a 11-12 euro mensili. Deve essere considerato che tenendo a mente gli aumenti di luce e gas che a loro volta stanno impattando sulle materie prime ad oggi trasportate su strada, questo aumento è pressoché annientato.