Sembra non terminare mai la disquisizione sulla riforma pensioni e sulla necessità di evitare lo scalone della Legge Fornero. Dopo aver parlato di Quota 102 (64 anni + 38 anni di contributi) e Quota 104 (66 anni + 38 anni di contributi), ci potrebbe essere l’introduzione di Quota 103, praticamente uno scalino aggiuntivo per rendere la transizione più graduale.
Attualmente, il governo Draghi sembra orientato a introdurre Quota 102 nel 2022 e Quota 104 nel 2023. La nuova proposta proviene della Lega di Matteo Salvini che per rendere più graduale il passaggio alla Legge Fornero, vorrebbe inserire Quota 103 nel 2023 e far slittare Quota 104 nel 2024.
In tal caso, il lavoratore potrebbe andare in pensione dopo aver compiuto 65 anni d’età e maturato 38 anni di contributi. Chi non vuole uscire anticipatamente potrà restare al lavoro fino a 67 anni.
Chi ha fruito di Quota 100, è andato in pensione a 62 anni con 38 anni di contributi, percependo un assegno medio di 1.300 euro calcolato su una retribuzione di 1.600 euro. Nessuna penalità, dunque, visto che il lavoratore in questione ha versato 5 anni in meno di contribuzione.
Con la legge Fornero, infatti, la pensione sarebbe scattata a 67 anni, o anche prima in base al requisito contributivo: 42 anni e 10 mesi per gli uomini e 41 e 10 per le donne. Con la pensione di vecchiaia il lavoratore avrebbe potuto aggiungere 2-300 euro al mese al suo assegno. Con Quota 102 lo stesso dipendente che non è uscito con Quota 100 potrebbe farlo con 64 anni e 38 di contributi, beneficiando dello stesso trattamento.
Quote penalizzanti per le donne
Tuttavia, si tratta di una soluzione penalizzante per le donne, tanto da provocare la reazione della sottosegretaria LEU Maria Cecilia Guerra:
“L’ipotesi prospettata è di un rientro graduale da Quota 100 alla situazione Fornero. Adottare dei sistemi di ‘quota’ non penso sia una scelta giusta, perché le quote creano una deformità di genere molto forte, favoriscono gli uomini rispetto alle donne, richiedono una carriera contributiva lunga e costante, cosa che spesso le donne, dedicate al lavoro di cura e ai figli, non possono avere“.
Come se non bastasse, il sistema delle quote non prende in considerazione i lavori gravosi o usuranti per i quali potrebbe esserci un Super Ape Social che allarga la platea dei beneficiari.
In disaccordo anche i sindacati che pretendono una riforma pensionistica del tutto diversa da quella targata Fornero e che vada incontro ai giovani, alle donne, ai lavoratori e pensionati. In particolare il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, rivendica la proposta di accesso alla pensione sin dall’età di 62 anni, con una pensione per i giovani e un riconoscimento contributivo per le donne.
Il vicesegretario del PD, Peppe Provenzano ha considerato fallimentare la sperimentazione di Quota 100 ed è contrario al sistema delle quote e al ritorno alla legge Fornero a favore di forme di flessibilità di uscita dal lavoro. Inoltre, propone l’ampliamento dell’Ape Social e la proroga di Opzione Donna.
Insomma, cosa farà alla fine il governo Draghi? Il sistema delle quote pare non convincere quasi nessuno tra partiti e parti sociali.