Per andare in pensione l’unico vincolo per i lavoratori alle dipendenze è quello di non avere in essere un rapporto di lavoro subordinato. Il vincolo vige nel momento in cui si fa domanda di pensionamento. Successivamente si può riprendere a lavorare. Ma si può essere assunti nuovamente dallo stesso datore di lavoro, ovvero ci si può ritrovare nella stessa situazione lavorativa nella quale il dipendente si trovava prima di andare in pensione?
Pensioni, oltre ai requisiti contributivi e di età, anche il vincolo di assenza rapporto di lavoro
È, pertanto, importante distinguere i casi di ripresa dell’attività lavorativa dopo la pensione. Per la maturazione del pensionamento, infatti, oltre ai requisiti di età e di contribuzione, le norme stabiliscono la condizione che il richiedente la pensione abbia cessato il rapporto di lavoro alle dipendenze. Lo stesso vincolo non sussiste per i lavoratori autonomi, i liberi professionisti, i parasubordinati o gli imprenditori. Infatti, chi non è alle dipendenze può accedere alla pensione senza procedere con l’interruzione dell’attività lavorativa.
Chi prende la pensione può riprendere a lavorare?
Può riprendere a lavorare anche chi prende la pensione. Esiste, dunque, la possibilità di cumulo tra redditi da pensione e quelli da lavoro. La regola è fissata dal decreto legge numero 112 del 2008 che ha abolito la non cumulabilità tra le due fonti di reddito. Pertanto, il vincolo dell’assenza di attività lavorative per accedere alla pensione vige nel momento in cui si accede alla pensione stessa. Successivamente, il neopensionato può riprendere a lavorare.
Il pensionato può riprendere a lavorare presso lo stesso datore di lavoro?
Diverso è il caso in cui il pensionato si faccia assumere nuovamente dallo stesso datore di lavoro presso il quale era dipendente prima di andare in pensione. Sull’opportunità di farsi riassumere dallo stesso datore di lavoro è intervenuta anche la sentenza della Corte di Cassazione, la numero 14417 del 2019. Per la Giurisprudenza la cessazione del rapporto di lavoro deve essere effettiva. La situazione nella quale il neopensionato venga assunto nuovamente presso lo stesso datore di lavoro farebbe cadere, infatti, la certezza di un’effettiva interruzione del rapporto di lavoro.
Pensionato riassunto dallo stesso datore di lavoro: quando si configura la simulazione?
La situazione nella quale il contribuente che ha interrotto il rapporto di lavoro e sia andato in pensione e venga poi assunto nuovamente dallo stesso datore di lavoro farebbe presumere la possibilità di simulazione dell’interruzione del rapporto di lavoro. Soprattutto se le condizioni di lavoro e la mansione risultassero essere le stesse esercitate prima dell’interruzione per la pensione.
Cosa fare per essere riassunti dallo stesso datore di lavoro di prima della pensione?
È altrettanto presumibile che il lavoratore che sia andato in pensione, per riprendere a lavorare presso lo stesso datore di lavoro, debba far trascorrere un ragionevole lasso di tempo per non incorrere nella simulazione dell’interruzione del rapporto di lavoro. Diversamente, l’assunzione presso lo stesso datore di lavoro potrebbe avvenire con un effettivo e nuovo rapporto di lavoro, diverso da quello precedente la pensione. In ogni caso, anche nel caso di un nuovo e diverso rapporto di lavoro, è consigliabile far passare un lasso di tempo ragionevole prima di iniziare la nuova attività lavorativa.
Cosa avviene con l’interruzione del lavoro per la pensione?
Affinché non si verifichi la simulazione del rapporto di lavoro, il lavoratore deve aver percepito tutte le spettanze della fine del precedente rapporto. Dunque, deve essere stato versato al dipendente il Trattamento di fine rapporto (Tfr) e il saldo delle ferie maturate e non utilizzate. Nel momento in cui si instauri un nuovo rapporto di lavoro, i redditi della nuova attività sono cumulabili con quelli della pensione. Entrambi i redditi andranno a sommarsi e a costituire il reddito complessivo del contribuente, fiscalmente soggetto alle imposte.
Quando la pensione non è cumulabile con i redditi da lavoro?
Per i lavoratori del sistema contributivo, ovvero che abbiano iniziato a lavorare dopo il 31 dicembre 1995, il decreto legge numero 112 del 2008 pone altre condizioni per l’incumulabilità dei redditi da lavoro e da pensione. In particolare, i “contributivi puri” per il cumulo dei redditi devono avere almeno l’età di 65 anni (uomini) o di 60 anni (donne) oltre a 40 anni di contributi versati. Il requisito viene mitigato a 61 anni di età in presenza di almeno 35 anni di versamenti.
Casi di incumulabilità parziale e totale di redditi da lavoro e da pensione
È da ritenersi totalmente incumulabile il reddito da lavoro con le pensioni ottenute mediante lo strumento dell’opzione donna. La ragione risiede nel fatto che i requisiti richiesti alle lavoratrici sono inferiori rispetto ai limiti di cumulo dettati dal decreto 112 del 2008. Caso parziale di incumulabilità è quello di chi va in pensione con quota 100. In questa situazione, non è consentito svolgere, da pensionato, un lavoro alle dipendenze o autonomo. La cumulabilità è consentita solo per un lavoro autonomo meramente occasionale per un reddito limite di 5 mila euro lordi all’anno.
Cosa succede se cumulo il reddito da lavoro con la pensione da quota 100?
Il lavoratore andato in pensione con quota 100 che violi il divieto di cumulo dei redditi da pensione e da lavoro, si vedrà sospendere dall’Inps l’assegno erogato come pensione. Lo stesso Istituto previdenziale provvederà a recuperare il trattamento erogato nell’anno in cui si sia verificata la violazione dell’incumulabilità dei redditi. Il divieto di cumulo per un lavoratore andato in pensione con quota 100 cessa alla maturazione dei requisiti per la pensione di vecchiaia.
Pensione anticipata con quota 41, quanto dura l’incumulabilità tra pensione e lavoro?
Un limite di incumulabilità parziale simile a quello di quota 100 ma meno netto è quello dei lavoratori andati in pensione con la quota 41 dei precoci. In questo caso, il divieto di cumulo vige dal momento della maturazione dei 41 anni di contributi e quindi di uscita dal lavoro, al momento (prospettico) in cui il lavoratore avrebbe maturato i contributi necessari per la pensione anticipata. Nel dettaglio, il pensionato da quota 41 dovrà attendere un anno e 10 mesi (maturazione dei 42 anni e 10 mesi per la pensione anticipata), mentre la lavoratrice 10 mesi (maturazione pensione anticipata a 41 anni e 10 mesi).