Partite Iva a regime forfettario verso la riforma. Sono due i possibili cambiamenti che riguarderebbero l’applicazione del meccanismo della flax tax tra gli autonomi. In primis, i coefficienti di redditività che non sarebbero più adeguati ai tetti di reddito per l’applicazione della fiscalità agevolata. Il secondo cambiamento potrebbe aversi per i contribuenti che superino il tetto dei 65 mila euro di ricavi. Si indebolisce, invece, l’ipotesi di allargare l’applicazione della fattura elettronica alle partite Iva del forfettario, eventualità che era stata avanzata negli ultimi mesi.
Riforma partite Iva a regime forfettario: il disegno di legge atteso in settimana
I correttivi sui coefficienti di redditività e sul superamento del limite dei 65 mila euro delle partite Iva a regime forfettario, secondo quanto scrive Il Sole 24 Ore, sono stati già messi in evidenza nella relazione delle commissioni parlamentari. I due correttivi potrebbero essere contenuti nella riforma fiscale, come già anticipato nella Nota di aggiornamento al Documento di Economia e Finanza. Il disegno di legge con le modifiche sulle partite Iva dovrebbe arrivare nel Consiglio dei ministri già a partire da questa settimana.
Partite Iva, quante sono in Italia quelle forfettarie?
Sempre più autonomi scelgono di aprire la partita Iva con il regime forfettario. Nel 2021 il 46% delle nuove aperture ha scelto la flat tax. In tutto, sono circa 1,9 i contribuenti del forfettario – senza tener conto delle chiusure – includendo chi ha optato per il regime agevolato nella dichiarazione dei redditi dello scorso anno e le nuove aperture che si sono avute tra il 2020 e il 2021. Nell’anno in corso sono state 153 mila le nuove partite Iva con la flat tax.
Partite Iva, attese modifiche ai coefficienti di redditività dei forfettari
Nel disegno di legge sulle partite Iva a regime forfettario non vi saranno variazioni nelle aliquote. Continueranno a essere in vigore quella del 15% e quella ancora più agevolata del 5% per le nuove attività. La prima revisione potrebbe riguardare i coefficienti di redditività, ovvero le percentuali, variabili a seconda dell’ambito di attività della partita Iva, che sono applicate ai ricavi e ai compensi e che determinano il reddito da tassare.
Perché potrebbero cambiare i coefficienti di redditività dei forfettari?
Le motivazioni alla base dei correttivi che il governo potrebbe adottare sulle partite Iva a regime di flat tax riguarderebbero la non aderenza delle percentuali alla “struttura dei costi delle imprese di dimensioni meno contenute”. In altre parole, per determinate imprese i costi sostenuti non sarebbero in linea con il coefficiente di redditività. Del resto, le percentuali non sono state adeguate nel momento in cui è stata elevata la soglia di ricavi (65 mila euro) per poter accedere al regime di imposta fissa del 15%. La revisione dei coefficienti di redditività era già stata suggerita a marzo scorso da Fabrizia Lapecorrella, direttore generale delle Finanze.
Quali attività potrebbero vedersi modificato il coefficiente di redditività?
Un’analisi preliminare delle Finanze ha già individuato i settori che potrebbero vedersi modificare i coefficienti di redditività. Avrebbero la possibilità di applicare un coefficiente più basso e, quindi, una più ridotta base imponibile:
- le attività con codici Ateco rientranti nel commercio ambulante (ad oggi pari al 40% per gli alimentari e al 54% per tutti gli altri prodotti);
- il settore delle costruzioni (coefficiente odierno dell’86%).
Chi vedrebbe salire il coefficiente di redditività sono invece gli intermediari del commercio, ai quali oggi spetta una percentuale del 62%. Tutti gli altri settori (e codici Ateco) dovrebbero rimanere invariati, compresi i professionisti che sono la categoria più numerosa dopo il commercio.
Il correttivo del superamento dei 65 mila euro delle partite Iva forfettarie
Il secondo correttivo che potrebbe riguardare le partite Iva a regime forfettario riguarda lo sforamento del tetto dei 65 mila euro di ricavi per poter mantenere il regime fiscale agevolato. La proposta prevede che chi superi il tetto massimo, rimanendo comunque al di sotto di una seconda soglia da individuare, vedrebbe applicarsi per due anni l’aliquota di forfait del 20% (anziché del 15%). L’ipotesi verrebbe ancorata all’incremento del volume di affari del contribuente autonomo di almeno il 10% annuo.
Partite Iva, lo sforamento dei 30 mila euro dall’attività alle dipendenze
Al momento non vi sono novità per le partite Iva a regime forfettario che svolgano anche lavoro alle dipendenze e, con quest’ultimo, sforino il tetto dei 30 mila euro. Nel regime attuale, lo sforamento comporta l’esclusione dal forfettario. Mentre chi può contare su altri tipi di reddito, come ad esempio quelli da capitali o quelli immobiliari, non subisce alcun divieto.
Si va verso il ‘no’ all’allargamento della fattura elettronica ai forfettari
Diversamente da quanto dibattuto nei mesi precedenti, le partite Iva a regime forfettarie potrebbero continuare a rimanere fuori dall’obbligo della fatturazione elettronica. Nei mesi scorsi l’Italia ha presentato a Bruxelles la richiesta per l’allargamento di applicazione della fattura elettronica anche al regime di flat tax. Sul punto, tuttavia, la Relazione alla Nota di aggiornamento del Documento di Economia e Finanze è chiara. “Al di sotto di una determinata soglia di compensi e ricavi, l’introduzione dell’obbligo di fatturazione elettronica non è compatibile con la disciplina dell’Unione europea”.