L’ultima riforma pensioni ha consentito e consente ancora fino alla fine dell’anno 2021 di adottare la pace contributiva per riscattare i periodi scoperti di contribuzione. C’è da affrettarsi in quanto non è prevista alcuna proroga per il 2022 dal governo Draghi che, quindi, porrà fine a tale misura sperimentale. Come tappare i buchi contributivi ai fini della pensione e, soprattutto, se conviene arrivare alla pace contributiva per anticipare il trattamento pensionistico.
Pace contributiva: in cosa consiste
Innanzitutto, riscattare i periodi non coperti dai contributi per fare in modo di giungere alla pace contributiva, rappresenta un’ottima occasione per tutti quelli che svolgono un’attività lavorativa discontinua, ovvero con diverse interruzioni occorse tra un’occupazione e l’altra, una situazione sempre più frequente a causa dell’aumento del precariato diffuso soprattutto tra i giovani che vogliono, quindi, andare in pensione anticipatamente.
La pace contributiva permette di recuperare ai fini pensionistici i periodi non coperti da lavoro e quindi da contribuzione previdenziale. Una mossa che consente di aumentare l’anzianità contributiva necessaria per accedere alla pensione, anche in riferimento all’importo dell’assegno previdenziale, specialmente se la pace contributiva viene abbinata al riscatto laurea agevolato che costituisce una misura strutturale.
Vincoli e requisiti pace contributiva
La pace contributiva può essere ottenuta anche dai superstiti, superstiti e parenti od affini entro il secondo grado di parentela. Tuttavia, è necessario essere in possesso di determinati requisiti e di rispettare alcuni vincoli:
- i lavoratori non devono possedere anzianità contributiva al 31 dicembre 1995, dunque, non devono aver versato o maturato contributi prima del 1° gennaio 1996;
- il riscatto è consentito solo per i periodi compresi tra la data di prima iscrizione alla previdenza (a partire dal 1° gennaio 1996) e il 28 gennaio 2019;
- i lavoratori possono chiedere il riscatto di tutti (o solo in parte) cosiddetti buchi contributivi entro il limite massimo di cinque anni, anche se non continuativi;
- i periodi da riscattare non devono essere coperti da contributi figurativi o accreditati ad altro titolo;
- l’accesso alla pace contributiva (salvo proroghe improbabili), al momento si può chiedere solo entro il 31 dicembre 2021.
Conviene la pace contributiva?
Per i tanti contribuenti che non riescono a capire se accedere alla pace contributiva convenga o meno, vediamo di dare un aiuto nello sciogliere il dilemma quasi amletico.
La norma è riferita solo a coloro che rientrano nel sistema contributivo, dunque, offre un vantaggio a tutti i lavoratori che hanno necessità di raggiungere velocemente il requisito contributivo per la liquidazione della pensione e poter uscire in anticipo dal mondo del lavoro di qualche anno, oltre ad aumentare l’importo dell’assegno previdenziale, permettendo, ad esempio, di raggiungere la soglia di 1,5 oppure 2,8 volte l’assegno sociale richiesto ai futuri pensionati che rientrano nel sistema contributivo per ottenere la pensione di vecchiaia rispettivamente con 67 anni o 64 anni d’età e almeno 20 anni di contribuzione versata o maturata.
Nell’effettuare il calcolo di quanto possa convenire la pace contributiva, a prescindere dalle situazioni individuali, bisogna tenere conto di alcuni vantaggi fiscali che ha introdotto la norma:
- l’onere del riscatto di contributi previdenziali ai fini dell’accesso alla pensione può essere portato in detrazione al 50% con una ripartizione in cinque quote annuali di pari importo;
- l’importo può essere rateizzato con un limite massimo di 120 rate, con la singola rata che, in ogni caso non può essere inferiore a 30 euro, il tutto senza interessi. Ciò, a meno che i periodi di riscatto non vengano utilizzati per liquidare una pensione o per l’accoglimento di una domanda di autorizzazione di versamenti volontari, caso in cui il pagamento rateizzato non è consentito, quindi, esso deve essere effettuato in un’unica soluzione.
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