Dal 15 ottobre 2021 sarà obbligatorio esibire il Green pass per entrare nei luoghi di lavoro. A quanto pare, qualsiasi tipo di protesta violenta o meno, oppure il tentativo delle Regioni di voler convincere il governo a portare da 48 a 72 ore la durata di validità del tampone rapido cade nel vuoto. Il problema si presenta dunque, per i lavoratori non vaccinati, italiani come stranieri, tenendo conto che anche chi è vaccinato con lo Sputnik, non riceverà il Green pass in quanto il vaccino russo non ha ricevuto l’autorizzazione dell’EMA.
Il grande timore di avere una manodopera molto ridotta nelle aziende è concreta, e proprio per questo motivo Confindustria mette a punto un documento “L’estensione del green pass al lavoro privato” in cui auspica che le aziende possano chiedere il risarcimento del danno a tutti i lavoratori sprovvisti di Green pass.
Confindustria precisa che ogni comportamento che dovesse provocare un danno all’impresa, venendo meno ai propri obblighi contrattuali, dà diritto all’azienda di chiedere un risarcimento dei danni.
Chi sono i lavoratori a rischio?
I lavoratori la cui presenza è fondamentale per non bloccare o rallentare il lavoro dell’impresa, come quelli impegnati in appalti, commesse e ordini, lavoratori trasfertisti che non possono partire a causa della mancanza del Green pass, nonché i lavoratori assunti nel settore edilizio per uno specifico appalto, sono tutti a rischio di poter subire una richiesta di risarcimento dei danni da parte delle aziende.
Le richieste di risarcimento dei danni per mancato possesso del Green pass potrebbero essere tante. Infatti, anche se non si tratta di dati ufficiali, tra il 75% e l’80% dei lavoratori sono vaccinati, il resto che non si è sottoposto a vaccinazione contro il Covid-19 potrebbe essere rappresentato da circa quattro milioni di lavoratori, un numero molto alto che sicuramente rallenterà il lavoro delle imprese che potrebbero prendere, sempre secondo il documento di Confidustria, dei provvedimenti contro tali lavoratori, chiedendo il risarcimento dei danni provocati.
Anche le aziende, per evitare disagi di vario tipo, chiede al governo di allungare la durata di validità del test antigenico da 48 a 72 ore, anche per poter semplificare i controlli, richiesta che sembra non sarà accolta. Il grande problema è che ogni lavoratore non vaccinato, per accedere nei luoghi di lavoro dovrebbe spendere circa 200 euro al mese in tamponi rapidi. Una cifra con un’incidenza importante sullo stipendio di un dipendente che dovrebbe convincerlo a vaccinarsi per evitare non solo questa spesa, ma anche la beffa di subire una richiesta di risarcimento dei danni.
Spese per i tamponi a carico delle imprese?
A prescindere da quanto enunciato da Confindustria, le aziende stanno pensando di sobbarcarsi le spese che dovrebbero sostenere i propri dipendenti non vaccinati, per il timore del venir meno di una manodopera essenziale per la produzione. Soprattutto le imprese che lavorano a pieno regime, stanno pensando seriamente di farlo. Intanto, il fondo bilaterale Est del settore commercio, secondo quanto riportato da Sky TG24, garantisce il rimborso dei tamponi.
La privacy
La legge sulla privacy rischia di rallentare fortemente i controlli effettuati dalle aziende nei confronti dei loro lavoratori che non possono chiedere la scadenza del Green pass, il che vuole dire controllarli ogni giorno, impresa improba. Sulla possibilità avanzata da alcuni enti di effettuare controlli a campione, c’è il via libera del governo per via di un decreto del 21 settembre 2021, ma Confindustria sconsiglia questo tipo di controllo, così come Confartigianato, Confocommercio e altre organizzazione delle imprese.
La possibilità di effettuare controlli a campione viene sconsigliata in quanto potrebbe scatenarsi dei focolai improvvisi e a quel punto sarebbe il titolare dell’impresa a dover risponderne davanti a un giudice in quanto ritenuto responsabile dei controlli.