Il TFR, o liquidazione, è l’agognato Trattamento di Fine Rapporto molto agognato dai lavoratori e versato al termine del rapporto di lavoro, anche se può ora essere liquidato in busta paga su scelta del lavoratore. Ciò che molti non sanno è che ci sono diversi casi in cui in seguito a divorzio è comunque necessario versare una quota di TFR all’ex coniuge. Ecco i casi.
TFR e divorzio: la normativa vigente
Il Trattamento di Fine Rapporto, o liquidazione, costituisce una quota differita dello stipendio e il lavoratore la incassa al termine del rapporto stesso, sia in caso di licenziamento, sia in caso di pensionamento. L’articolo 12 bis della legge 898 del 1970, inserito nel 1987, prevede che “il coniuge nei cui confronti sia stata pronunciata sentenza di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio ha diritto, se non passato a nuove nozze e in quanto sia titolare di assegno ai sensi dell’articolo 5, ad una percentuale dell’indennità di fine rapporto percepita dall’altro coniuge all’atto della cessazione del rapporto di lavoro anche se l’indennità viene a maturare dopo la sentenza. Tale percentuale è pari al quaranta per cento dell’indennità totale riferibile agli anni in cui il rapporto di lavoro è coinciso con il matrimonio.”
La ratio della disciplina è riconoscere al soggetto economicamente più debole, che storicamente è la donna, una sorta di ricompensa o risarcimento per l’impegno solitamente profuso nell’accudimento della famiglia.
Requisiti per ottenere la quota di TFR
Il diritto del coniuge a percepire una quota del TFR nasce solo se la liquidazione si riscuote dopo il passaggio in giudicato della sentenza di divorzio. Emerge dall’articolo 12 bis che, affinché maturi il diritto per l’ex coniuge di percepire il TFR, è necessario in primo luogo che non sia passato a nuove nozze e in secondo luogo che percepisca un assegno di mantenimento periodico, solitamente la periodicità è mensile.
A tale proposito capita spesso che il coniuge, che in teoria avrebbe diritto a percepire l’assegno di mantenimento, preferisca una liquidazione una tantum al momento del divorzio stesso, in questo caso non vi è il diritto a percepire una quota di TFR. Un’altra piccola nota da sottolineare è che si fa riferimento solo alle nuove nozze del coniuge che avrebbe diritto a percepire il TFR, mentre non rileva il fatto che sia passato a nuove nozze il lavoratore. Inoltre non maturano il diritto al TFR i figli. Una piccola nota a questo punto è necessaria: sempre più spesso il giudice in sede di divorzio riconosce il diritto all’assegno di mantenimento per il coniuge economicamente più debole solo per brevi periodi, esortandolo quindi ad affrancarsi economicamente dall’ex coniuge, ciò incide sul diritto alla quota di TFR.
A quanto ammonta la quota di TFR per il coniuge divorziato
La quota di liquidazione spettante all’ex coniuge è del 40%, da calcolare però esclusivamente sull’ammontare maturato nel periodo in cui la coppia era ancora unita in matrimonio, comprendendo però anche la fase di separazione. Di conseguenza non basta la separazione di fatto, né giudiziale per far cessare il diritto di maturare la propria quota di TFR. Questo implica che, se anche il TFR viene percepito molti anni dopo la cessazione del matrimonio, l’ex coniuge comunque partecipa, ma solo per la quota maturata nel periodo del matrimonio stesso. Si tratta quindi di un assegno che spesso è di piccolo importo, soprattutto se il matrimonio è stato di breve durata.
Va sottolineato che l’ex coniuge non ha diritto a percepire una quota di TFR se lo stesso è oggetto di liquidazione prima della cessazione degli effetti civili del matrimonio, di conseguenza se il coniuge A riscuote il TFR nel periodo della separazione, il coniuge B non può poi pretendere le somme. Lo stesso principio si applica se si riscuote il TFR ancor prima della separazione giudiziale. Nel caso in cui la liquidazione del TFR avvenga nel periodo della separazione giudiziale, prima del divorzio, il coniuge nella fase di divorzio può chiedere che l’assegno di mantenimento sia adeguato alle nuove somme riscosse o che gli sia liquidata una quota.
Anticipi di TFR e divorzio
Un’altra questione che ha creato dubbi interpretativi riguarda il caso in cui il lavoratore abbia chiesto nel corso del rapporto di lavoro degli anticipi del TFR (ricordiamo che i casi in cui si può ottenere l’anticipo sono limitati, ad esempio per l’acquisto dell’abitazione o per spese sanitarie). La giurisprudenza in questo caso ha stabilito che su tali somme l’ex coniuge non può vantare diritti, quindi il calcolo di quanto gli spetterebbe si effettua esclusivamente sulle somme effettivamente percepite al momento della cessazione del rapporto di lavoro per dimissioni/pensionamento. Questa interpretazione è univoca nel caso in cui l’anticipio sia chiesto in costanza di matrimonio, se invece l’anticipo si ottiene dopo il divorzio, l’ex coniuge potrebbe vantare diritti anche su tali quote, infatti la giurisprudenza nel tempo non ha mostrato costanza nel dirimere la questione.
TFR e divorzio: cosa succede se il lavoratore muore prima di riscuoterlo
Si ricorda che il TFR non va perduto in caso di morte del lavoratore, bene, anche in questo caso l’ex coniuge ha diritto ad ottenere la sua quota dello stesso, ciò anche in concorrenza con l’attuale coniuge che eredite la rimanente parte. Inoltre per l’ex coniuge titolare dell’assegno di mantenimento, è previsto che vi sia anche il diritto alla pensione di reversibilità anche in concorrenza con il coniuge attuale. E’ bene rammentare che in caso di morte il TFR si divide tra figli e coniuge e in alcuni casi parenti entro il terzo grado, ciò anche se gli stessi non abbiano accettato l’eredità (art 2122 del codice civile).
L’ex coniuge come può ottenere il TFR?
Sia chiaro, nel momento in cui il datore di lavoro liquida il TFR al lavoratore, è estraneo ai rapporti di coniugio ed ex coniugio e di conseguenza semplicemente liquida il Trattamento di Fine Rapporto al lavoratore. E’ altrettanto vero che, nella maggior parte dei casi, nessun lavoratore una volta ottenute le somme, chiama l’ex coniuge per avvertirlo dell’avvenuto incasso e liquidargli le somme che gli spetterebbero. L’ex coniuge per riuscire a intascare la somma deve di conseguenza proporre un’istanza, o meglio un ricorso al tribunale con il quale si richiede di disporre il versamento in suo favore della quota di TFR spettante. Il tribunale con sentenza ordinerà al datore di lavoro e/o all’ente previdenziale di erogare le quote in favore dell’ex coniuge.
Questa procedura si può fare se l’ex coniuge non abbia riscosso le somme, invece è diverso il caso in cui questi abbia riscosso le somme senza che l’ex coniuge ne abbia avuto conoscenza e non abbia quindi avuto la possibilità di proporre ricorso o fare istanza per l’ottenimento della propria quota. In tal caso il proponente deve chiedere il sequestro conservativo delle somme già riscosse dal lavoratore. Una volta accertate dal tribunale le somme dovute, se il lavoratore non provvede a liquidare le somme volontariamente, sarà messa in atto la procedura esecutiva sulle stesse.