Pagare le tasse non è l’attività preferita dalle persone, soprattutto quando la pressione fiscale è alta, proprio per questo sono numerose le persone che, se possono, trasferiscono la residenza all’estero. Deve però essere sottolineato che non sempre basta trasferire la residenza all’estero e lavorare fuori dall’Italia, infatti la Corte di Cassazione in una recente pronuncia (ordinanza Corte di Cassazione 18702 del 1° luglio 2021) ha stabilito che, nel determinare l’effettiva residenza, devono essere tenuti in considerazione anche i legami affettivi.
Il caso: contribuente con legami affettivi in Italia
Nell’anno 2008 l’Agenzia delle Entrate invia un avviso di accertamento a un cittadino iscritto dell’AIRE (Anagrafe Italiani Residenti all’Estero) inerente i compensi ricevuti da una società con sede in Italia di cui il soggetto era amministratore, nonché socio unico. Il contribuente aveva provato a dimostrare che in realtà lui non era più da considerare cittadino italiano e questo per diversi ordini di ragione, in particolare:
- era emigrato nel Principato di Monaco dal 1987;
- sempre nel Principato aveva un appartamento in locazione e un conto corrente;
- era amministratore di una società monegasca;
- aveva una vettura di proprietà immatricolata nel Principato;
- aveva ricevuto onorificenze nel Principato.
L’obiettivo del contribuente era dimostrare in modo inconfutabile che il centro dei suoi interessi non era più in Italia, ma all’estero e che i soggetti terzi comunque facevano affidamento su tale residenza fuori dai confini dell’Italia.
Il tribunale di primo grado aveva invece dato preponderanza agli elementi affettivi che portavano il contribuente ad avere comunque rapporti importanti con l’Italia. Dello stesso avviso il giudice di secondo grado che sottolineava come in realtà se c’è l’iscrizione all’ ANPR (Anagrafe Nazionale Popolazione Residente) si presume che l’effettiva residenza sia in Italia, ma che tale presunzione non opera nel caso in cui si sia iscritti all’AIRE e quindi occorre valutare caso per caso (Cassazione 16634/2018).
Naturalmente il contribuente contesta tale tesi e propone ricorso in Cassazione che appunto offre delucidazioni sul punto nell’ordinanza 18702 depositata il 1° luglio 2021.
Corte di Cassazione: dalla valutazione globale non devono essere esclusi i legami affettivi
La prima cosa da sottolineare è che quando più Paesi, in base alle loro regole, riconoscono un soggetto come residente nel proprio Paese, per dirimere la questione si applicano le convenzioni internazionali e in particolare il modello OCSE 2017 che detta una sorta di gerarchia da fattori da valutare per stabilire correttamente e in modo uniforme a libello internazionale la residenza effettiva. Gli elementi da considerare sono:
- il Paese che è centro di interessi vitali;
- la disponibilità di un alloggio;
- dimora abituale e nazionalità;
Il primo criterio visto deve però essere ulteriormente specificato, infatti gli interessi vitali devono essere considerati nella loro globalità facendo riferimento non solo alle relazioni economiche e di lavoro, ma anche alle relazioni personali e affettive.
Nell’ordinanza viene sottolineato che in questo caso trova applicazione il comma 2 bis dell’art. 2 del d.P.R. n. 917 del 1986, che considera residenti, salvo prova contraria, i cittadini italiani cancellati dall’anagrafe della popolazione residente ed immigrati in Stati o territori aventi un regime fiscale privilegiato, quale era, appunto, il Principato di Monaco.
Principato di Monaco fino al 2018 è considerato “Stato non collaborativo”
Nel nostro caso il contribuente aveva in Italia moglie e figlia ( il divorzio infatti è molto successivo rispetto al periodo di imposta contestato), inoltre in Italia aveva acquistato un appartamento di proprietà, di conseguenza tenendo in considerazione i rapporti di parentela e in particolare quello di coniugio, deve darsi prevalenza proprio al rapporto affettivo. La Corte di Cassazione sposa in pieno la tesi del Tribunale di prime cure e di Appello. A ciò deve aggiungersi il fatto che il Principato di Monaco fino al 2008 era inserito nella black list, con l’entrata in vigore dei nuovi criteri per determinare i “paradisi fiscali”, mentre successivamente non è stato inserito nella white list, cioè è uno degli “Stati non collaborativi”, quindi non partecipa allo scambio di informazioni inerenti l’evasione fiscale. Solo dal 2018 il Principato di Monaco ha cambiato rotta ed è diventato uno “Stato collaborativo”.
Direttiva 83/182 CEE: i legami affettivi e personali sono prevalenti se il contribuente ritorna regolamente
La Corte di Cassazione per avallare ulteriormente tale orientamento si avvale anche della direttiva 83/182/CEE che, nella seconda parte del comma 1 dell’articolo 7 stabilisce: tuttavia nel caso di una persona i cui legami professionali siano risultati in un luogo diverso da quello dei suoi legami personali e che pertanto sia indotta a soggiornare alternativamente in luoghi diversi situati in due o più Stati membri, si presume che la residenza normale sia quella del luogo dei legami personali, purché tale persona vi ritorni regolarmente”.
Questa sentenza è sicuramente essenziale, infatti dirime molte questioni irrisolte e sottolinea che trasferirsi nei paradisi fiscali non sempre consente di ottenere il risultato desiderato, cioè pagare meno imposte. I giudici infatti nel determinare la residenza devono operare una valutazione globale e se in Italia ( o altro Paese dell’Unione Europea) restano i legami affettivi e in particolare quelli di coniugio e filiazione e quindi si ritorni nel luogo in cui questi si trovano in modo costante, comunque si presume che il centro principale degli interessi sia in Italia. Naturalmente nel caso qui esaminato c’è il doppio criterio, infatti comunque il soggetto in Italia si occupava di amministrare un SRL a socio unico e quindi aveva degli utili.