Chi svolge un’attività economica per cui deve essere titolare di partita IVA è obbligato ad aprire un conto corrente separato da quello personale, magari per indicare entrate e uscite relative solo alla propria attività di lavoro?
Sono in molti a pensare che per gestire i movimenti di denaro derivanti da un’attività per possessori di partita IVA, debbano provvedere alla tenuta di un conto corrente apposito che segnali solo ed esclusivamente i movimenti di casa, mentre l’eventuale personale debba essere utilizzato solo per i movimenti che riguardano spese personali. Qual è la verità?
Conto corrente per partita IVA: quando è obbligatorio
Non esiste una normativa che obblighi le persone fisiche ad essere intestatari anche di un conto corrente associato a una partita IVA, nel caso si tratti di un libero professionista, avvocato, commercialista, medico o consulente del lavoro che sia. Invece, le ditte individuali iscritte al Registro delle Imprese della Camera di Commercio sarebbe strano se non avessero un conto corrente per la partita IVA.
Usiamo il condizionale, in quanto il Decreto Legge n. 122/2008 ha abrogato l’obbligo di possedere un conto corrente esclusivo, ma prevede che sia obbligato ad avere almeno un conto corrente personale da utilizzare per il versamento delle imposte.
Tant’è, che il DL Bersani del 2006 ha stabilito che il pagamento di tasse e contributi deve essere effettuato esclusivamente in via telematica, cosa che preclude la movimentazione in contanti all’Agenzia delle Entrate. Quindi, per adempiere agli obblighi fiscali e previdenziali ci si deve munire di un conto corrente.
Il conto corrente associato a una partita IVA è facoltativo
Aprire un conto solo per la partita IVA è prettamente facoltativo. Ciononostante è da prendere in considerazione che ci sono alcuni vantaggi nel gestire un conto corrente apposito per la partita IVA, che sono i seguenti:
- migliore gestione delle finanze, così da avere una visione più chiara e snella del movimento delle somme di denaro in entrata e in uscita, che potrebbe portare anche a decidere di effettuare un controllo più accurato al fine di modificare tali movimenti, nel caso lo si ritenesse idoneo;
- ditinguere tra spese personali e/o familiari e spese relative all’attività professionale, anche in questo caso per averee una visione meno confusa e soprattutto più analitica (quanto si spende per le bollette di casa, per gli acquisti casalinghi eccetera).
- maggiore chiarezza in caso di accertamenti da parte dell’Agenzia delle Entrate, che potrà verificare le entrate e le uscite, senza che vi sia il rischio di far confusione con altre voci non pertinenti l’attività professionale (quindi, nessun rischio di incorrere in sanzioni per eventuali pagamenti o incassi effettuati a nero;
- possibilità di fotografare la situazione finanziaria dell’attivitò professionale, anche per capire se possano esserci interventi da fare per migliorare il lavoro.
Conviene avere un conto corrente dedicato?
Ribadita l’assenza di un obbligo di legge, avere un conto corrente dedicato alla propria attività rimane una possibilità da valutare per tutti i motivi sopra indicati, ma anche alle partita IVA che hanno intenzione ad accedere a bonus o agevolazioni fiscali, quindi, che necessitano di avere i conti in ordine per poter giustificare al meglio le singole spese.
Utilizzare un conto corrente dedicato per la partita IVA è buona norma, ma per una gestione più efficiente dell’attività servono altri accorgimenti.
Tuttavia, c’è da considerare la questione “costi”, tenere un conto business impica maggori costi con effetto anche su altre eventuali operazioni, esigenze e servizi offerti.
In conclusione, se per il libero professionista può cambiare relativamente poco detenere un altro conto corrente per il lavoro. Per le ditte individuali, invece, soprattutto per distinguere traferimenti di denaro ingenti tra entrare e uscite e per evitare eventuali controlli dall’antiriciclaggio, converrebbe avere un conto business per partita IVA.