Anche un lavoratore dipendente può essere titolare di una partita IVA, avviando una seconda attività, ma ci sono dei limiti da rispettare.
Esistono molti lavoratori dipendenti impiegati a tempo indeterminato o determinato, che vogliono migliorare il proprio stile di vita o più semplicemente seguire, lavorando in proprio, una propria passione. Farlo non è sempre facile, tanto meno possibile. Cerchiamo di capirne il perché.
Lavoratore dipendente e partita IVA nel settore pubblico
Avviare un’attività extra, dipende se si lavora nel settore pubblico o in quello privato, o dall’orario dal tipo di impiego, a tempo parziale o pieno.
Se si svolge un pubblico impiego il lavoratore è tenuto a lavorare esclusivamente con l’ente datore di lavoro. Tuttavia, chi appartiene ai regimi speciali (docenti e dipendente part-time) dove il lavoro corrisponde alla metà di un’occupazione svolta full-time, fa eccezione.
A questo punto, diventa fondamentale il contratto di lavoro che deve prevedere o meno la disciplina che concilia il lavoro da dipendente pubblico con l’apertura di una partita IVA. Nel primo caso si configura l’impiego presso un ente pubblico, nel secondo caso si può trattare di un’impresa privata.
Spetta all’Amministrazione Pubblica concedere o negare la possibilità al proprio dipendente di svolgere una seconda attività (autonoma) a prescindere che si operi o meno con partita IVA. Tuttavia, esistono delle condizioni da rispettare:
- l’incarico deve essere temporaneo e occasionale;
- l’incarico non deve interferire con l’orario di lavoro svolto da dipendente;
- non ci deve essere conflitto d’interesse;
- l’attività deve essere svolta al di fuori del lavoro prestato alla Pubblica Amministrazione.
Nel caso il dipendente sia stato assunto con un contratto a tempo parziale pari al 50%, può svolgere un’attività extra ma sempre con il benestare del datore di lavoro.
Se, invece, l’impiegato pubblico lavora full time ma vuole avviare un’attività autonoma, può farlo ma sempre previo autorizzazione del datore di lavoro, chiedendo una diminuzione dell’orario di lavoro almeno del 50%.
Lavoratore dipendente e partita IVA nel settore privato
Anche il dipendente privato può svolgere una seconda attività di tipo autonomo, purché non sia in concorrenza con quella svolta principalmente. Può trattarsi di una ditta individuale o di un libero professionista. La clausola inerente la concorrenza è necessaria venga indicata nel contratto di lavoro, altrimenti, l’azienda non ha nulla da obiettare.
Nella pratica è comunque consigliato di mettere al corrente il proprio datore di lavoro privato della nuova situazione del suo dipendente, onde evitare di poter deteriorare il rapporto di fiducia tra le due parti, o addirittura di poter subire un licenziamento per giusta causa (per aver divulgato notizie private sull’azienda o danneggiandone l’immagine per un tornaconto personale).
Partita IVA per lavoratore dipendente: come cambia la contribuzione?
Con un contratto di lavoro dipendente a tempo indeterminato (almeno 26 ore settimanali), chi decide di avviare un’attività commerciale può non iscriversi alla Gestione Commercianti e Artigiani dell’INPS, purché la prima occupazione sia quella prevalente, ossia quella da cui deriva la maggior parte del reddito e del tempo impiegato nello svolgerla.
L’INPS invierà un avviso di iscrizione alla Gestione Commercianti e basterà rispondere con una comunicazione indicante l’attività prevalente, alla quale deve essere allegata l’ultima busta paga come verificare della propria posizione e al fine di evitare eventuali quanto probabili equivoci.
Chi scegliere di intraprendere un’attività da libero professionista è tenuto a iscriversi alla Gestione Separata INPS,. Tuttavia, il calcolo dei contributi sul reddito derivante dall’attività professionale avverrà con aliquota ridotta. Al posto dell’iscrizione alla GS Inps, è previsto l’obbligo di iscrizione all’Albo professionale, se presente, in quanto i contributi vanno versati alla relativa Cassa Previdenziale.
Nel caso di contratti di lavoro dipendente, ma a tempo determinato, sarà necessaria una valutazione del singolo contratto, così da determinare quale attività sia prevalente ai fini della contribuzione.