Oggi andremo, con questa rapida guida, ad addentrarci nella riclassificazione del conto economico a valore aggiunto. Scopriremo nel dettaglio questo annoso mondo del bilancio, nei prossimi paragrafi.
Riclassificazione del conto economico, di cosa si tratta?
Innanzitutto, andiamo a precisare di cosa si tratta, quando si parla di riclassificazione del conto economico. Per capire in cosa consiste la riclassificazione, occorre sapere di cosa si parla, quando si parla di conto economico. Il conto economico, nel novero dell’economia aziendale, è uno dei documenti che compone, insieme allo stato patrimoniale, al rendiconto finanziario e alla nota integrativa, il cosiddetto bilancio d’esercizio di un’impresa, quindi di un’attività commerciale. Il conto economico, in particolare, serve ad evidenziare il risultato economico d’esercizio del periodo di riferimento del bilancio, ovvero in “utile o perdita d’esercizio”.
In definitiva, il conto economico è il documento contabile del bilancio d’esercizio che mette in contrapposizione i costi e ricavi di competenza, e illustra il risultato economico della gestione di un determinato periodo.
La riclassificazione del Conto economico essenzialmente è tesa a suddividere le aree della gestione in base alla loro pertinenza gestionale. Lo schema più utilizzato è quello a valore aggiunto, che permette di evidenziare alcuni risultati operativi intermedi quali l’Ebitda e l’Ebit.
Quale è, quindi l’obiettivo finale della riclassificazione del conto economico?
La riclassificazione del conto economico ha come obiettivo finale quello di illustrare una serie di risultati economici parziali grazie ai quali, con un’analisi successiva, individuare la redditività aziendale.
Valore aggiunto del conto economico
Ma come si calcola, dunque, il valore aggiunto in una riclassificazione del conto economico?
Ecco, questa è una delle domande più frequenti che ci si pone nel novero di un esercizio di impresa, in vista del completamento del documento del conto economico.
Il valore aggiunto non è altro che una grandezza economica intermedia tra i ricavi di vendita e il reddito operativo ( noto come ebit). Il calcolo del valore aggiunto è semplice e lo si ottiene dalla somma algebrica di ricavi (o dal valore della produzione a seconda dei processi aziendali) e dei costi dei fattori acquistati all’esterno.
Ma come viene ripartito il valore aggiunto, sul conto economico?
Il Valore aggiunto viene distribuito alla Pubblica Amministrazione nei seguenti modi: imposte dirette e indirette erogate sia a livello locale che nazionale. Mentre abbiamo il Valore aggiunto distribuito ai Creditori (ossia i fornitori di capitale ad interesse esplicito), previa oneri finanziari a breve/lungo termine.
Per entrare nello specifico della questione, possiamo dire che il conto economico con valore aggiunto è molto probabilmente il modello di riclassificazione maggiormente utilizzato.
In primo luogo, esso si presta ad essere impiegato con una certa facilità anche da un soggetto esterno all’impresa, in quanto non richiede informazioni extra rispetto a quelle contenute nel bilancio di esercizio. In seconda battuta, presenta un’articolazione che consente di instaurare correlazioni significative con lo Stato patrimoniale riclassificato secondo il criterio funzionale.
Il Conto economico a valore aggiunto, anche se ricalca lo schema previsto dall’art. 2425 c.c., prevede che l’area operativa contenga tre margini intermedi, ovvero i seguenti:
- il valore aggiunto;
- il MOL (margine operativo lordo), che prende anche il nome di EBITDA;
- il MON (margine operativo netto), che prende anche il nome di EBIT;
Dunque, questo è quanto vi fosse di più utile e necessario da sapere in merito alla questione della riclassificazione del conto economico a valore aggiunto.