Quando avviene la liquidazione della retribuzione pensionabile, non sempre viene considerata integralmente l’indennità di mobilità al pari dell’indennità di trasferta avente effettivo valore retributivo. Per farlo, si devono dimostrare gli elementi retributivi utilizzabili per la determinazione della base del calcolo.
A tal proposito, la sentenza n. 2714 del 2020 della Corte di Cassazione chiarisce la fattispecie esaminando un caso a cui è stata sottoposta. Un lavoratore aveva contestato all’Istituto di Previdenza Sociale un errore commesso nel calcolo della pensione, sostenendo che, in violazione dell’articolo 7 della legge 233/1991, fosse stata considerata solo in modo parziale l’indennità di mobilità percepita durante gli anni di servizio.
L’ex articolo 4, comma 1 della Legge 223 del 1991 precisa che per indennità di mobilità s’intendono le somme dovute a seguito della cessazione del rapporto di lavoro conseguente alla Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria. La legge del 28 giugno 2012 n. 92 con le successive modificazioni ha abrogato l’intervento dal 1° gennaio 2017 equiparandolo ad altre prestazioni di sostegno al reddito.
Indennità di mobilità e retribuzione pensionabile
E’ importante sottolineare che ai fini del calcolo dell’indennità di mobilità e di retribuzione personale fine a se stessa, i due concetti non necessariamente coincidono. L’aumento della retribuzione posta a base dell’indennità di mobilità non fa scattare automaticamente l’aumento della retribuzione personale: in quanto è necessario dimostrare con prove gli elementi retributivi considerati utilizzabili per la determinazione della retribuzione pensionabile.
Per rendere più comprensibile il principio, si prenda ad esempio il caso delle indennità di trasferta che rientrano per intero nell’indennità di mobilità, esse vanno incluse al 50% nella retribuzione pensionabile. Infatti, le indennità di trasferta possono rappresentare risarcimento in quanto rimborso in casi occasionali, oppure retributivo come elemento occasionale e predeterminato della retribuzione in casi continuativi. La stessa motivazione è stata ribadita dalla Corte di Cassazione che ha rigettato in via definitiva il ricorso del lavoratore della predetta sentenza, rifiutando la riliquidazione della pensione.
Accredito contributi figurativi
In linea generale, l’accredito dei contributi figurativi ai fini della retribuzione pensione avviene automaticamente nel caso si tratti di:
- cassa integrazione;
- assistenza antitubercolare;
- contratti di solidarietà;
- invalidità e inabilità indennizzate con successivo recupero della capacità lavorativa;
- LSU;
- disoccupazione;
- mobilità.
L’accredito della contribuzione figurativa non avviene d’ufficio e, quindi, per averlo si deve fare domanda per i contributi figurativi derivanti da:
- malattia e infortuni;
- maternità e congedi parentali;
- donazione del sangue e di midollo osseo;
- servizio militare e assimilati;
- educazione e assistenza dei figli;
- congedo per donne vittime di violenza;
- licenziamento per rappresaglia;
- assistenza a disabili (Legge 104/92);
- aspettativa per funzioni pubbliche elettive e cariche sindacali;
- persecuzione politica o razziale.