Senza fini di lucro, quella culturale è un’associazione che può essere costituita con lo scopo di diffondere e di promuovere iniziative a carattere non solo culturale, ma anche umanistico e artistico. Le figure chiave di un’associazione culturale sono i soci e gli attivisti che perseguono lo scopo per cui l’associazione culturale è stata costituita.
E nel farlo, anche per ottenere finanziamenti, i soci e gli attivisti puntano a coinvolgere le istituzioni pubbliche ed anche le aziende con il ruolo di sponsor. Nel perseguire lo scopo sociale, inoltre, all’associazione culturale è permesso ai sensi di legge pure si svolgere delle attività di natura commerciale anche se queste sono e devono essere minime, e quindi non prevalenti. Al riguardo, per esempio, un’associazione culturale senza la Partita Iva può emettere la fattura?
Ecco perché un’associazione culturale senza la Partita Iva non può emettere la fattura
Con il solo codice fiscale, e quindi senza la partita Iva, un’associazione culturale non può emettere la fattura. Questo però non significa che per un’associazione culturale l’apertura di una partita Iva sia obbligatoria. Fino a quando le sole entrate sono di natura istituzionale, infatti, l’associazione culturale può perseguire gli scopi prefissi pure senza la partita Iva.
Se invece per esempio, come sopra accennato, l’associazione incassa dei fondi tramite delle sponsorizzazioni, allora la partita Iva è in tal caso obbligatoria. In quanto per il legislatore quella relativa alla sponsorizzazione viene vista, in tutto e per tutto, come un‘attività commerciale.
Per avere dei rapporti di natura commerciale, quindi, un’associazione culturale deve avere una posizione fiscale attiva attraverso l’apertura di una partita Iva. E solo in questo modo potrà essere emessa regolare fattura distinguendo tra la base imponibile e l’aliquota applicata ai fini dell’imposta sul valore aggiunto. La società sponsor, a sua volta, con l’acquisizione della fattura potrà andare a scaricare l’Iva nonché il costo sostenuto per la sponsorizzazione stessa.
Quando un’associazione culturale deve aprire la partita Iva?
L’attività di un’associazione culturale deve essere in prevalenza di tipo non commerciale, ma in caso di introiti da sponsorizzazione, come sopra spiegato, l’apertura della partita Iva è obbligatoria. E lo stesso dicasi anche per altre operazioni come la cessione di beni nuovi o le attività di ristorazione che, comunque, non devono essere prevalenti. In altre parole, le entrate commerciali devono essere contenute affinché l’associazione culturale, rientrante tra gli enti non commerciali, mantenga valido il suo status.
L’associazione culturale può chiedere l’attribuzione del numero di partita Iva subito, ovverosia in concomitanza con l’attribuzione del codice fiscale, oppure può farlo in un secondo momento. Ed in ogni caso occorrerà compilare ed inviare all’Agenzia delle Entrate il modello AA7/10 per via telematica, a mezzo raccomandata postale oppure recandosi sul territorio presso un ufficio del Fisco.
Via posta raccomandata con la ricevuta di ritorno, al modulo occorre allegare pure la copia di un documento di identità in corso di validità del dichiarante. Mentre all’ufficio dell’Agenzia delle Entrate occorre presentarsi con il modulo AA7/10 compilato in duplice esemplare. Aperta la partita Iva, l’associazione culturale sarà chiamata poi a rispettare nuovi adempimenti di tipo contabile e fiscale. Ragion per cui è bene in genere rivolgersi ad un commercialista esperto nel terzo settore.