L’associazione culturale è un gruppo organizzato di persone e beni finalizzato al raggiungimento di uno scopo di interesse collettivo, senza fini di lucro, ciò vuol dire che se vi sono degli utili gli stessi non possono essere divisi tra gli associati, ma devono restare nell’associazione ed utilizzati per svolgere le attività previste nell’atto costitutivo. Vi sono però delle peculiarità che meritano un accenno, cioè la possibilità di avere dei dipendenti e il rimborso spese e in questi casi si può genericamente parlare di associazione culturale con scopo di lucro.
Associazione culturale con scopo di lucro: esiste?
Si è visto negli articoli precedenti:
- di cosa si può occupare un’associazione culturale;
- differenze tra associazioni con personalità giuridica e senza personalità giuridica;
- cosa cambia con l’entrata in vigore del Codice del Terzo settore e del RUNTS.
Resta ora da chiarire se è possibile avere un’associazione con scopo di lucro e quale forma giuridica è possibile dare a un’associazione che vuole perseguire tali finalità.
La prima cosa da fare è provare a capire cosa vuol dire scopo di lucro: lo scopo di lucro altro non è che la finalità di dividere gli utili che derivano dall’attività svolta. Molti però confondono lo scopo di lucro vero e proprio con i compensi dovuti ai dipendenti e i rimborsi spesa. In linea di massima l’associazione culturale non può dividere gli utili, può però stipulare contratti di lavoro anche in favore degli stessi associati e naturalmente le prestazioni lavorative devono essere retribuite, ma tale attività ha dei limiti altrimenti potrebbe configurarsi una divisione indiretta degli utili.
Contratti di lavoro
L’associazione cultutrale può stipulare contratti di lavoro, sono però previsti dei limiti per evitare una distribuzione indiretta degli utili. In particolare se colui che presta lavoro per l’associazione culturale ha una partita IVA, deve emettere una regolare fattura per il pagamento delle prestazioni. Nel caso in cui non sia un lavoratore autonomo, vi sono diverse possibilità, in pratica è possibile stipulare:
- un contratto di lavoro subordinato;
- un contratto di lavoro parasubordinato, ad esempio a progetto;
- oppure si può stipulare un contratto di collaborazione occasionale.
E’ stato anticipato in precedenza che vi sono dei limiti inerenti tali contratti, in particolare il corrispettivo non deve superare del 20% dei salari e stipendi previsti dal Contratto Collettivo Nazionale per quel tipo di prestazione. In caso contrario si ritiene che in realtà vi sia una distribuzione indiretta di utili vietata dalla legge. Deve essere inoltre sottolineato che non vi è alcuna norma specifica che vieta di assumere, per le mansioni inerenti la realizzazione delle scopo dell’associazione culturale, i soci, anche se membri del comitato direttivo. Naturalmente anche in questo caso devono essere rispettati i limiti previsti dalla normativa altrimenti si può ipotizzare una distribuzione indiretta degli utili.
I rimborsi spesa
Svolgere le attività all’interno dell’associazione comporta per associati e volontari delle spese, in questo caso è possibile ottenere il rimborso spese che non ricade nella divisione degli utili. Ad esempio i soci di una compagnia teatrale potrebbero sostenere in proprio i costi per gli abiti di scena.
Per ottenere il rimborso spese occorre una deliberazione del consiglio direttivo, inoltre le spese effettuate devono essere provate attraverso le “pezze giustificative” , più comunemente chiamate fatture. Le spese devono essere inerenti all’attività svolta. In realtà molte associazioni hanno la cattiva abitudine di stabilire dei rimborsi spesa forfettari, questo comportamento però deve essere considerato a rischio perché potrebbe essere considerato come una divisione degli utili e quindi vietata per tale tipologia di associazione.
Cosa cambia con l’entrata in vigore del Codice del Terzo Settore
Occorre ricordare che con l’entrata in vigore del RUNTS, Registro Unico Nazionale Terzo Settore, che probabilmente avverrà nel 2022, entreranno in vigore nuovi limiti. In questo caso infatti è previsto che, le associazioni che decidono di avere la forma delle Associazioni di Promozione Sociale, hanno l’obbligo di avvalersi prevalentemente del lavoro dei volontari e nel caso in cui si proceda all’assunzione di dipendenti questi non possono superare il 50% dei volontari e il 5% degli associati. Anche in questo caso non vi è il divieto di assumere associati.
Di fatto, se ci si chiede cosa cambia nel caso di associazione culturale con scopo di lucro e senza tale finalità, occorre sottolineare che sono due “fenomeni” incompatibili, le associazioni non possono avere scopo di lucro, non possono dividere gli utili tra gli associati, possono invece assumere, ma vi sono dei limiti da rispettare questo vuol dire che è improbabile “remunerare” tutti i soci.
Associazione culturale con scopo di lucro e trasformazione in società cooperativa
La strada per evitare tutti i limiti visti è quella di istituire una società cooperativa, in questo caso infatti è previsto che i benefici ricadano direttamente sui soci della stessa e nel caso di cooperative di lavoro, lo scopo è proprio quello di fornire occasioni di lavoro agli associati a condizioni particolarmente favorevoli. Un divieto espresso di assumere soci si ha soltanto nelle associazioni di volontariato.
L’articolo 2500 octies del codice civile prevede però la possibilità di trasformare le associazioni culturali in società cooperative e viceversa. In particolare il comma terzo di questo articolo stabilisce: la trasformazione di associazioni in società di capitali può essere esclusa dall’atto costitutivo o, per determinate categorie di associazioni, dalla legge; non è comunque ammessa per le associazioni che abbiano ricevuto contributi pubblici oppure liberalità e oblazioni del pubblico. Il capitale sociale della società risultante dalla trasformazione è diviso in parti uguali fra gli associati, salvo diverso accordo tra gli stessi”.
Come si può notare è quindi possibile trasformare l’associazione in una società e quindi ottenere la divisione degli utili, ma solo nel caso in cui l’associazione non abbia ricevuto contributi pubblici o oblazioni da privati e se l’atto costitutivo non lo vieta espressamente. Deve essere sottolineato che in realtà l’associaizone può essere trasformata in qualunque società di capitali, ma lo schema più simile, a causa dello scopo mutualistico, è quello della società cooperativa.
Se vuoi conoscere le similitudini tra associazione culturale e società cooperative, leggi l’articolo: Associazione culturale e società cooperativa: cosa scegliere?
Per deliberare la trasformazione dell’associazione in società è necessaria una delibera da parte dell’assemblea a maggioranza dei ¾, come stabilito dall’articolo 21 del codice civile.