1Il regime forfettario delle partite Iva è un regime fiscale agevolato, applicato alle persone fisiche esercenti delle attività di impresa, arti o professioni. Introdotto dalla legge di Stabilità 2015, il regime forfettario è stato modificato negli anni successivi per rivedere le semplificazioni ai fini Iva e contabili. Tuttavia, la novità più importante è la determinazione forfettaria del reddito sul quale calcolare un’unica imposta in sostituzione di quelle previste nel regime ordinario. Con la legge di Bilancio 2020, infatti, si è arrivati a una disciplina che ha introdotto nuovi requisiti di accesso e cause di esclusione, oltre a un sistema premiale per chi utilizza la fatturazione elettronica.
Regime forfettario, i requisiti di accesso secondo le regole 2020
Possono accedere al regime forfettario le partite Iva che nel precedente anno abbiano conseguito:
- sia un volume di ricavi o percepito compensi che non superino i 65.000 euro (nel caso in cui si esercitino più attività ricadenti in differenti codici Ateco è necessario considerare la somma dei ricavi e dei compensi delle diverse attività);
- che un volume di spese non eccedenti l’importo di 20.000 euro lordi. Nelle spese vanno ricomprese quelle del lavoro accessorio, dipendente o collaborativo anche a progetto, gli utili da partecipazione agli associati che apportino il solo lavoro e le somme erogate per prestazioni rese dall’imprenditore o dai suoi famigliari.
Partita Iva, reddito e tassazione dei forfettari
Le partite Iva che rientrino nel regime forfettario determinano il reddito imponibile applicando, al totale dei compensi percepiti o dei ricavi conseguiti, il coefficiente di redditività previsto per la propria attività. Nel dettaglio, i coefficienti di redditività previsti sono i seguenti:
- industrie alimentari e delle bevande, 40%;
- commercio all’ingrosso e al dettaglio, commercio ambulante di prodotti alimentari e bevande, 40%;
- commercio ambulante di altri prodotti, 54%;
- costruzioni e attività immobiliari, 86%;
- intermediari del commercio, 62%;
- attività di servizi di alloggio e di ristorazione, 40%;
- attività professionali, scientifiche, tecniche, sanitarie, di istruzione, servizi finanziari e assicurativi, 78%;
- altre attività economiche, 67%.
Regime forfettario, come si determina il reddito imponibile
Dal reddito che si è determinato forfettariamente applicando il coefficiente di redditività al totale dei ricavi, si deducono i contributi previdenziali obbligatori, inclusi quelli corrisposti per conto dei collaboratori dell’impresa famigliare. Al reddito imponibile ottenuto si applica l’imposta fissa del 15% che va a sostituire quelle ordinariamente previste, ovvero le imposte sui redditi, le addizionali regionali e comunali e l’Irap.
Calcolo del reddito imponibile nel regime forfettario partite Iva: un esempio
Per sapere quante tasse dovrà pagare una partita Iva del regime forfettario, il primo passo da fare è quello di determinare il reddito imponibile, sul quale si applicherà il 15% dell’imposta unica. A tal fine è necessario conoscere il codice Ateco della propria partita Iva, al quale corrisponde un coefficiente di redditività, ovvero una percentuale che si dovrà andare a moltiplicare al totale dei compensi ottenuti nell’anno di riferimento.
Partita Iva, calcolo imposta da pagare con regime forfettario
Pertanto, se il codice Ateco della partita Iva è del 78% e il guadagno lordo annuo derivante dall’attività è pari a 30.000 euro, il reddito imponibile è pari al prodotto tra 30.000 e 78%. Il risultato, 23.400 euro, costituisce il reddito imponibile. A quest’ultimo dovranno essere sottratti i contributi versati: ipotizzando che siano pari a 8.000 euro, occorrerà sottrarre 23.400 – 8.000 = 15.400 euro. Le tasse che si dovranno pagare per un guadagno annuo di 30.000 euro di una partita Iva a regime forfettario saranno pari a 2.310 euro, valore dato dal rapporto tra 15.400 euro e il 15%.
I ricavi nel reddito imponibile dei forfettari
Il totale dei ricavi e dei compensi devono far riferimento al principio di cassa e non a quello di competenza. Ciò vuol dire che devono essere considerati solo i ricavi effettivamente incassati nell’arco dell’anno oggetto di imposta. Pertanto, chi richiede un pagamento alla fine dell’anno ma lo incassi sul conto corrente solo all’inizio dell’anno dopo, dovrà conteggiarlo tra i ricavi dell’anno successivo.
Impossibilità di scaricare le spese deducibili nel regime forfettario
L’applicazione del coefficiente di redditività, derivante da percentuali introdotte nel 2015 in occasione del nuovo regime forfettario, non consente di considerare deducibili le spese che normalmente “si scaricano”. Pertanto, la scelta del regime forfettario ha molta convenienza nel caso in cui non si spendano cifre molto alte per la gestione dell’attività stessa. In caso contrario potrebbe essere più conveniente optare per il regime di partita Iva semplificato o per quello ordinario.
Imposta ridotta al 5% per chi avvia una nuova attività
L’imposta ridotta al 5% nei primi cinque anni di attività è riservata a coloro che avviano una nuova attività in presenza dei seguenti requisiti:
- è necessario che il contribuente non abbia esercitato, nei 3 anni precedenti, attività professionale o d’impresa o artistica, anche in forma famigliare o associata;
- l’attività avviata non deve costituire, in alcun modo, una mera prosecuzione di un’attività precedentemente. Quest’ultima si intende svolta da lavoratore dipendente o autonomo, ad esclusione della pratica obbligatoria necessaria per intraprendere arti o professioni;
- nel caso in cui venga proseguita un’attività svolta precedentemente da un altro soggetto è necessario il ricalcolo dell’ammontare dei compensi. Infatti, i ricavi realizzati nel periodo di imposta precedente a quello in cui viene riconosciuto il beneficio dell’imposta ridotta non dovranno essere superiori al limite che consente l’accesso al regime forfettario.