Il collabente è un immobile le cui condizioni sono talmente pessime da non poter produrre reddito. Ma nonostante ciò può essere acquistato e diventare abitazione.
Collabente: cos’è?
Un collabente è un immobile rurale, senza tetto, che non può essere sfruttato in alcun modo. Quindi rientrano in questa categoria i ruderi, le costruzioni con parte o tutto il tetto ceduto, o parte della struttura demolita. In altre parole non può essere “sistemato” con della semplice manutenzione ordinaria. Questo tipo di proprietà non ha planimetria, nè tanto meno rendita catastale. Il proprietario di questa tipologia di immobile non paga né l’Imu e né Tasi. Ma ciò nonostante può rivenderlo attraverso normale rogito notarile. Infatti in catasto è presente una specifica categoria denominata “Unità collabenti- fabbricato fatiscente, ruderi, unità con tetto crollato e inutilizzabili”.
Collabente: come viene accatastato
Per accatastare un fabbricato collabente, occorre rivolgersi ad un professionista. Un buon professionista deve necessariamente fare un sopralluogo nella struttura, o in quello che ne rimane. Sarà lui a predisporre tutta la documentazione necessaria, in particolare una relazione firmata dalla quale emerge lo stato dell’immobile.
Ad esse occorre allegare anche una documentazione fotografica necessaria a dimostrare lo stato dei luoghi. La pratica prevede anche un’autodichiarazione del proprietario con cui attesta la mancanza di allacciamento ai servizi primari: acqua, luce ed energia elettrica. Infine viene presentata la Docfa per l’accatastamento presso l’ufficio del catasto provinciale. La categoria catastale assegnata sarà F/2.
Un collabente può diventare abitazione?
La risposta è si, ma se si rispettano gli adempimenti edilizi. Un collabente può essere ciò che resta di un immobile che prima aveva ad esempio una categoria diversa. Quindi potrebbe bastare fare una visura storica per immobile, per capire cos’era prima. Pertanto occorre rispettare anche il piano urbano del luogo in cui si trova l’immobile. Fino al 2013 un intervento di demolizione e ricostruzione di unità collabente era da considerarsi nuova costruzione.
Con la legge 98/2013, il famoso decreto del Fare, si ampliano gli interventi riconducibili alla ristrutturazione edilizia. Tra questi rientrano “quelli volti al ripristino di edifici, o parti di essi, crollati o demoliti, attraverso la loro ricostruzione, purché sia possibile accertarne la preesistente consistenza“. Pertanto, si la ricostruzione di un rudere, può rientrare nel concetto di ristrutturazione edilizia, purché si rispetti la volumetria preesistente. Ecco perché quindi è possibile che possa diventare una civile abitazione, a maggior ragione se già lo è stato.
Alcune precisazioni urbanistiche
Com’è chiaro cambiando la destinazione d’uso dell’immobile, dovrà essere aggiornato anche in catasto fabbricati. Ma per fare ciò occorrono anche altri adempimenti. Innanzitutto verificare che dal punto di vista urbanistico, quindi ufficio tecnico del comune dove è ubicato l’immobile sia possibile realizzare il progetto di nuova casa. L’intervento di demolizione e ricostruzione di un collabente, può essere realizzato tramite SCIA, rispettando la preesistente consistente.
La Scia è una comunicazione da effettuare all’amministrazione comunale quando si intende effettuare degli interventi edilizi che comportino demolizione, restauro o ampliamento di immobili. La normativa di riferimento è costituita dagli articoli 22 e 23 del Testo unico in materia edilizia è stata oggetto di revisione. Quando questo non è possibile l’intervento comporta delle mofidiche della volumetria complessiva. Pertanto occorre Permesso di costruire.
E’ possibile avere le agevolazioni prima casa?
La risposta è un secco NO. Chi compra un’unità collabente non può godere delle agevolazioni previste per l’acquisto della prima casa. Anche nel caso in cui si è under 36 e si possa accedere alle nuove agevolazioni previste. A chiarirlo è proprio l’Agenzia delle entrate. Per aderire alle agevolazioni prima cosa occorra che l’immobile sia pronto all’uso abitativo e l’acquirente ha 18 mesi di tempo per poter portare la propria residenza. Occorre evidenziare che l’attribuzione della categoria F/2 – Unità Collabenti è riferita ai fabbricati totalmente o parzialmente inagibili, caratterizzati da un notevole livello di degrado che ne determina l’incapacità di produrre ordinariamente un reddito proprio. L’aliquota agevolata del 2% per l’acquisto di immobile è invece prevista per immobili già ad uso abitativo ad eccezione delle categorie A1, A8, A9 e A10. Mentre il collabente, come già detto ha F/2 come categoria catastale.
E’ possibile sfruttare il superbonus per le ristrutturazioni?
Si le unità collabenti essendo fabbricati esistenti ed accatastati possono accedere alle detrazioni fiscali. Tutte quelle previste per chi esegue interventi di ristrutturazione edilizia e riqualificazione energetica. La Legge di Bilancio 2021 ha previsto che possono ottenere il Superbonus gli edifici privi di APE perché sprovvisti di tetto, di uno o più muri perimetrali, o di entrambi (unità collabenti), purché al termine dei lavori raggiungano una classe energetica in fascia A.
Inoltre la ristrutturazione di un collabente permette di accedere anche ai soli interventi di sicurezza sismica, fino ad un massimo di 96 mila euro. Viene da se che una volta apportate tutte le modifiche, previa approvazione del progetto del comune in cui ha sede l’immobile vi è un altro adempimento da fare. E cioè provvedere al nuovo riaccatastamento, e chiedere ad esempio tutte le altre autorizzazioni comunali, come l’agibilità. Solo così si potrà richiedere l’allaccio alle utenze e vivere nell’immobile.