L’azione di rivendicazione è una particolare azione giudiziaria riconosciuta in favore di chi ritiene di essere stato ingiustamente spogliato di un bene di sua proprietà. Nel diritto italiano, a parte alcuni singoli casi in cui è prevista l’inversione dell’onere probatorio, chi afferma un fatto, deve dimostrarlo. Ciò capita proprio con l’azione di rivendicazione, ecco di seguito una disamina su come si prova la proprietà ai fini dell’azione di rivendicazione.
Che cos’è l’azione di rivendicazione
L’azione di rivendicazione è disciplinata dall’articolo 948 del codice civile che sottolinea: Il proprietario può rivendicare la cosa da chiunque la possiede o detiene e può proseguire l’esercizio dell’azione anche se costui, dopo la domanda, ha cessato, per fatto proprio, di possedere o detenere la cosa. In tal caso il convenuto e’ obbligato a ricuperarla per l’attore a proprie spese, o, in mancanza, a corrispondergliene il valore, oltre a risarcirgli il danno. Il proprietario, se consegue direttamente dal nuovo possessore o detentore la restituzione della cosa, e’ tenuto a restituire al precedente possessore o detentore la somma ricevuta in luogo di essa. L’azione di rivendicazione non si prescrive, salvi gli effetti dell’acquisto della proprietà da parte di altri per usucapione.
Si evince da questo articolo che l’azione di rivendicazione può essere esercitata nei confronti di chiunque, anche dei soggetti che successivamente hanno acquistato il bene ritenendo di acquistare dal legittimo proprietario. Si può quindi esercitare l’azione anche nei confronti del terzo in buona fede.
Come provare il diritto di proprietà nell’azione di rivendicazione
Naturalmente la prova della proprietà non è così semplice come può sembrare. Per i beni immobili e per i beni mobili registrati solo erroneamente si può ritenere che sia più semplice fornire la prova. Ad esempio se anche si è titolari del diritto di proprietà per aver ricevuto il bene in seguito a un atto di compravendita oppure per una successione testamentaria o legittima, occorre provare anche che il soggetto da cui si è ricevuto il titolo, lo ha ottenuto e trasmesso in modo legittimo.
Chi esercita l’azione di rivendicazione, a meno che il titolo non sia stato acquisito a titolo originario, deve provare il titolo del dante causa a ritroso fino al momento di arrivare all’acquisto a titolo originario del bene. In questi casi si è parlato anche di prova diabolica e tra gli strumenti utilizzabili vi è la visura storica sull’immobile. In alcuni casi gli archivi cartacei però sono andati distrutti.
Chi esercita l’azione di rivendicazione non solo deve provare i vari passaggi visti, ma deve provare anche la legittimità degli stessi.
L’azione di rivendicazione è un’azione reale, petitoria, o restitutoria.
La giurisprudenza sull’azione di rivendicazione
A supporto di questa tesi vi è la sentenza 5257 del 2011 della Corte di Cassazione che afferma: La prova della proprietà dei beni immobili non può essere fornita con la produzione dei certificati catastali, i quali sono solo elementi sussidiari.
Inoltre la sentenza del Tribunale di Catania 167 del 13 gennaio 2017 afferma che una domanda riconvenzionale che eccepisce l’usucapione da parte del convenuto non mitiga l’onere probatorio in quanto mira solo a difendere il proprio titolo, spetta comunque a chi esercita l’azione di rivendicazione provare la sua proprietà del bene oltre ogni ragionevole dubbio.
Tra l’altro l’usucapione, come si evince dal comma 3 dell’articolo 948, può portare alla prescrizione dell’azione di rivendicazione, imprescrittibile in tutti gli altri casi.
Altrettanto difficile è la prova della proprietà di un bene mobile, infatti qui si applica il principio del “possesso vale titolo” quindi chi detiene un bene, ad esempio un gioiello, si ritiene ne sia il legittimo proprietario e chi afferma il contrario deve provarlo oltre ogni ragionevole dubbio, ma non essendovi registri la prova è ancora più ardua.
L’azione negatoria
L’azione che fa da contraltare all’azione di rivendicazione è l’azione negatoria, disciplinata dall’articolo 949 del codice civile e che mira a far smettere le pretese altrui su un bene, infine c’è l’azione di regolamento di confini (950 del codice civile) che mira a delineare i confini di un bene immobili al fine di far cessare l’incertezza determinata da pretese altrui. In questo caso trattasi di azioni di accertamento.
I mezzi di prova nell’azione di rivendicazione
Si è detto che nell’azione di rivendicazione la prova può essere considerata diabolica perché non è semplice provare la proprietà di un bene detenuto da altri, la legge però ammette che possono essere utilizzati tutti i mezzi di prova (per alcune azioni vi sono dei limiti) quindi è possibile portare in giudizio dei testimoni, oppure delle prove documentali.
L’azione di restituzione: differenze
L’azione di rivendicazione deve essere tenuta distinta dall’azione di restituzione che ha natura personale e non reale ed è volta ad ottenere la restituzione di un bene e si fonda sulla “insussistenza o sul sopravvenuto venir meno di un titolo di detenzione del bene da parte di chi attualmente lo detiene per averlo ricevuto dall’attore o dal suo dante causa, ed è rivolta, previo accertamento di quella insussistenza o di quel venir meno, ad ottenere conseguenzialmente la consegna del bene” Cass. civ. sez. III, 10 dicembre 2004, n. 23086.
Questa sentenza continua affermando che in questo caso non deve essere fornita dall’attore la prova diabolica che si è vista per l’azione di rivendicazione, ma l’attore deve solo provare i motivi dell’insussistenza e del venir meno del titolo a causa di invalidità, inefficacia, decorso del termine di durata, esercizio dell’eventuale facoltà di recesso. La domanda di restituzione e quella di rivendicazione possono essere presentate contestualmente nello stesso giudizio in via alternativa o subordinata.