In un precedente articolo, abbiamo visto quali sono i motivi per cui un datore di lavoro può licenziare un dipendente assunto con un contratto a tempo indeterminato. Entrando nello specifico di alcuni casi, si è fatto presente quando sussiste l’obbligatorietà o la facoltà di reintegro del lavoratore, con la relativa scelta da parte del datore di lavoro, in quest’ultimo caso, di evitarlo preferendo il pagamento di un’indennità.
Restando in tema, stavolta ci occupiamo di quanto costa a un datore di lavoro licenziare un lavoratore che ha diritto all’indennità di disoccupazione Naspi.
Il ticket licenziamento 2021
Quando il datore licenzia un suo dipendente titolare di un contratto a tempo indeterminato, entra in gioco il ticket licenziamento che consiste in un contributo da versare all’INPS. Nel 2021, l’importo relativo è fissato nella misura di 503,30 euro, ossia il 41% del massimale disoccupazione, che varia a seconda di quanto tempo il lavoratore licenziato è rimasto in azienda da 1/12 fino ad un massimo di tre anni.
Per il 2021 l’ammontare del ticket di licenziamento non può superare i 1509,90 euro (503,30 € x 3 anni), qualora l’anzianità di servizio conseguita sia di almeno 36 mesi. Identico importo del contributo, quindi in misura piena, è dovuto anche al lavoratore assunto a tempo indeterminato ma con un contratto part-time.
E’ da tenere presente che l’ammontare del massimale di disoccupazione mensile viene stabilito ogni 12 mesi dall’INPS per ciascun anno di anzianità aziendale raggiunta dal lavoratore licenziato negli ultimi tre anni.
L’obbligo di versamento del suddetto contributo Naspi ricorre anche in caso di licenziamenti di tipo collettivo. Addirittura, l’importo è triplicato nel caso la dichiarazione di esubero del personale non sia stata oggetto di un accordo con i sindacati. Il ticket è dovuto dal datore di lavoro anche se il licenziamento a seguito di accordo collettivo aziendale escluso dal blocco dei licenziamenti stabilito nell’era Covid.
La funzione del contributo Naspi
L’introduzione del ticket licenziamento è stato introdotto al fine di scoraggiare il datore di lavoro a prendere tale decisione, ma soprattutto per finanziare l’indennità di disoccupazione. Il contributo Naspi va pagato tramite il modello F24 insieme agli altri contributi di previdenza e di assistenza entro il 16 del mese successivo, questo a prescindere dalla richiesta di Naspi effettuata dal dipendente licenziato.
Quando va pagato il ticket licenziamento
Il contributo Naspi, come già accennato si concretizza con la cessazione del rapporto di lavoro che dà diritto al lavoratore di accedere all’indennità di disoccupazione. Premesso che, il ticket riguarda i licenziamenti dovuti a giusta causa, giustificato motivo oggettivo o soggettivo, ci sono altri casi che prevedono il versamento del contributo Naspi da parte del datore di lavoro.
Stiamo parlando di dimissioni per giusta causa o intervenute nel periodo di maternità sotto tutela. Rientra nei casi diversi dal licenziamento, anche la risoluzione consensuale del contratto avvenuta dopo la conciliazione obbligatoria presso la Direzione Territoriale del Lavoro, quando il datore vuole licenziare il dipendente per giustificato motivo oggettivo. Oppure per risoluzione consensuale intervenuta a seguito del rifiuto del lavoratore di trasferirsi in un’altra unità di produzione aziendale distante più di 50 chilometri dalla sua residenza o comunque raggiungibile in più di 1 ora e 20 minuti tramite mezzi pubblici.
O ancora, il contributo Naspi è dovuto anche nel caso di mancata trasformazione del contratto di apprendistato in quello a tempo indeterminato. Inoltre, il datore è tenuto al versamento del ticket anche in caso di abbandono del posto di lavoro da parte del dipendente e anche quando il licenziamento è conseguenza della chiusura dell’attività.
Il contributo Naspi nei licenziamenti collettivi
Il contributo è dovuto anche nei licenziamenti collettivi, ricorrenti ogni volta che un’azienda con più di 15 dipendenti decide di licenziarne almeno cinque nel giro di 120 giorni. Il motivo è dato dalla riduzione del personale, ristrutturazione dell’organizzazione aziendale o chiusura dell’attività.
L’importo del ticket è lo stesso previsto per i licenziamenti individuali, fatto salvo il caso in cui la dichiarazione di esubero del personale avviene in mancanza di un accordo sindacale, nel quale l’importo è triplicato.
Quando i licenziamenti collettivi sono applicati nell’ambito della Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria, il contributo da versare viene raddoppiato, passando dal 41% all’82% del massimale disoccupazione.
Ticket di licenziamento imprese edili
Qualora il licenziamento dovesse riguardare il settore edilizio, la situazione cambia in alcuni casi con riferimento al contributo Naspi. Infatti, il datore è esonerato dal pagamento del ticket di licenziamento se l’interruzione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato avviene per il completamento delle attività e chiusura del cantiere. A tal proposito, l’INPS ha fornito dei chiarimenti in merito alla deroga prevista per il versamento del contributo Naspi. Per saperne di più, fare riferimento al messaggio 3933 del 24 ottobre 2018.
Se vuoi approfondire l’argomento indennità di disoccupazione, puoi leggere anche: Naspi 2021: cos’è, requisiti, durata, calcolo, quando decade e domanda