La decisione di un lavoratore di accedere a una pensione anticipata è sempre da ponderare. Sul piatto della bilancia c’è la possibilità di uscire dal lavoro qualche anno prima del previsto, ma anche la consapevolezza di subire una decurtazione dell’assegno previdenziale e di dover sostenere dei costi. In questo articolo, prenderemo in esame una delle formule che consente l’accesso al prepensionamento: la pensione con contratto di espansione.
Andare in pensione con contratto di espansione
I contratti di espansione sono finalizzati alla riorganizzazione aziendale che ha lo scopo di far crescere l’azienda stessa che deve basarsi sulla digitalizzazione al fine di migliorare le competenze professionali del suo organico, anche ricorrendo all’assunzione di nuove professionalità.
Inizialmente, i contratti di espansione riguardavano solo le grandi aziende con almeno 500 dipendenti, ma la Legge di Stabilità ne ha esteso l’applicazione anche alle medie imprese con almeno 250 dipendenti. Successivamente, questo numero è stato notevolmente abbassato dal decreto Sostegni Bis che l’ha portato a 100.
L’impresa firmataria il contratto di espansione può mandare in pensione i suoi dipendenti su base volontaria, fino a cinque anni prima rispetto ai requisiti richiesti per poter usufruire della pensione di vecchiaia o anticipata.
Al lavoratore viene corrisposta un’indennità per 13 mensilità l’anno a partire dalla cessazione del rapporto di lavoro fino al raggiungimento dei requisiti necessari per accedere al trattamento previdenziale. L’assegno di prepensionamento può essere erogato anche una tantum per l’intero importo spettante.
I lavoratori che vogliono accedere alla pensione con contratto di espansione, devono aver compiuto 62 anni e maturato una contribuzione di almeno 20 anni. A differenza di quanto accade con la pensione anticipata, bastano 37 anni e 10 mesi di contributi versati, mentre per le donne 36 anni e 10 mesi.
I beneficiari
I lavoratori che potrebbe essere coinvolti nel piano di prepensionamento con contratto di espansione sono quelli titolari di un contratto a tempo indeterminato, apprendisti e dirigenti inclusi, che risultino iscritti al Fondo Pensione Lavoratori Dipendenti (FPLD) o alle forme esclusive o sostitutive dell’Assicurazione Generale Obbligatoria (AGO) gestite dall’Istituto (escluso l’Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani, meglio conosciuta come INPGI) e che abbiano aderito all’accordo di uscita dal lavoro tra l’azienda e i sindacati.
La prima adesione non vincola i lavoratori, ma deve essere seguita da una risoluzione consensuale con la quale il rapporto di lavoro deve risolversi entro il 30 novembre 2021.
I lavoratori coinvolti dall’esodo perdono il diritto a beneficiare dell’indennità di disoccupazione Naspi, che diventa solo un parametro economico da utilizzare. Inoltre, questi dipendenti non possono fruire di altre prestazioni INPS fino all’accesso alla pensione. Tuttavia, la percezione di esodo è compatibile con qualunque altro reddito da lavoro conseguito durante il periodo di passaggio alla pensione.
Nel caso in cui l’uscita dal lavoro è legata alla decorrenza di una pensione anticipata, l’azienda provvede al versamento dei contributi previdenziali che concorrono al conseguimento del diritto, ridotti dell’ammontare dei contributi figurativi, che viene comunque calcolata per intero.
Qual è il costo per i lavoratori?
In base a una stima dei sindacati, il dazio da pagare per l’accesso alla pensione con contratto di espansione è abbastanza alto. Non potendo maturare il TFR negli ultimi anni di lavoro e il correlato mancato versamento contributivo previdenziale, porta a percepire un assegno decurtato del 22% rispetto a quello che avrebbero percepito con il raggiungimento dei requisiti ordinari. Taglio che passa al 10/15% dal momento in cui si fruisce la pensione.
Per rendere l’idea in modo più pratico, facciamo ricorso agli importi. Prendendo in considerazione un’aspettativa di vita pari a 82 anni, un soggetto con un reddito di 35.000 euro con 62 anni d’età e 35 anni di contributi versati, beneficiando della pensione con il contratto di espansione perderebbe circa 80 mila euro, rispetto a quanto avrebbero percepito senza prepensionamento.
Il costo per le aziende
Per accedere al contratto di espansione l’azienda deve accordarsi con il sindacato che le permette di adottare diversi strumenti, come lo scivolo pensionistico o la cassa integrazione per un massimo di 18 mesi, nella quale la riduzione media oraria del lavoratore non può essere superiore al 30% dell’orario di lavoro. Questo, vale per i dipendenti che non si trovano nella condizione di beneficiare del prepensionamento e che sono interessati alla loro riqualificazione attraverso dei piani formativi.