Oggi andiamo a scandagliare quel misterioso mondo del lavoro e la chimera della assunzione a tempo indeterminato. Quando, un lavoratore può avere il diritto e di fare lo scatto di assunzione e quindi quando scatta l’obbligo di assunzione a tempo indeterminato. Scopriamolo assieme.
Lavoro a tempo indeterminato, cosa è?
Innanzitutto, partiamo col dire di cosa si tratta, quando parliamo di lavoro a tempo indeterminato. Con tale tipologia di lavoro, si intende il contratto con cui il lavoratore si impegna, a seguito di una paga retribuita, a prestare la propria attività lavorativa per il datore di lavoro, a tempo indeterminato, cioè senza vincolo di durata. A differenza dei più usuali contratti di lavoro subordinati, ovvero con una durata periodica di scadenza, chiamati lavoro a tempo determinato.
Obbligo di assunzione a tempo indeterminato, quando e come scatta
Dunque, questo infausto mondo del lavoro offre, come detto due tipologie di contratto, con una diversa tipologia di contratto. Sempre che nella peggiore delle ipotesi non vi ritroviate assunti da un datore di lavoro che vi offra danaro in nero, quindi senza una regolare contribuzione e quindi senza alcun contratto a norma. Ad ogni modo, a causa della scarsa tutela che offre al lavoratore il contratto a tempo determinato, col tempo sono entrate in vigore diverse norme per scoraggiare il ricorso a questo contratto. Ultima, ma non ultima, la norma che ha inciso profondamente sulla disciplina di questo istituto, è il decreto Dignità.
Va comunque ricordato e precisato che il lavoratore con contratto di lavoro a tempo determinato ha diritto allo stesso trattamento economico e normativo in atto nell’impresa per i lavoratori con contratto a tempo indeterminato comparabili.
Ma, quando, dunque scatta l’obbligo di assunzione a tempo indeterminato per chi è stato assunto in maniera subordinata?
Potremmo, in breve dire che quando il rapporto di lavoro va ad oltrepassare il periodo di prosecuzione di fatto, il contratto si considera trasformato da tempo determinato a tempo indeterminato, tenendo fede alla data dal superamento dei 30 o dei 50 giorni.
Partiamo col dire che la fissazione del termine dovrà risultare dal contratto di lavoro o dalla lettera di assunzione, a pena di nullità della clausola. Per cui deve essere redatta per iscritto. Fanno invece eccezione i rapporti di durata inferiore ai 12 giorni.
Qualora, invece, dal contratto non risultasse il termine, esso si rivelerà inefficace solo nella parte in cui risulta essere a tempo determinato. Pertanto, si considera il contratto valido, ma a tempo indeterminato. Stessa cosa che accade qualora il termine del contratto è apposto successivamente. In tal caso manca comunque l’inserimento del termine nel contratto di lavoro, che dunque verrà considerato a tempo indeterminato.
Inoltre vi sono delle ipotesi in cui la durata massima complessiva del contratto può essere superiore alla durata di 24 mesi al di fuori della prosecuzione di fatto. Per passare indenni i 24 mesi complessivi, potrà essere stipulato un nuovo contratto a termine, presso l’Ispettorato territoriale del lavoro competente. Diversamente, il nuovo contratto determina la trasformazione del rapporto a tempo indeterminato.
Superamento delle proroghe di un contratto a tempo determinato
In ultimo ma non ultimo, va ricordato che un contratto a tempo determinato, stando alle previsioni del decreto dignità, può essere prorogato fino ad un massimo di 4 volte.
Superando tale numero di proroghe, scatta l’obbligo al tempo indeterminato.
Per essere ritenuta valida, la proroga deve essere accettata e firmata dal lavoratore, oltre che comunicata per via telematica ai servizi per l’impiego del proprio territorio, con modello Unilav.
Rinnovi contrattuali, vi sono limiti?
In ultimo, ma assolutamente non ultimo, andiamo a vedere se ci sono limiti massimi, inerenti al numero di possibili rinnovi contrattuali.
Va subito detto che, a differenza del numero limite imposto sulle proroghe, non troviamo invece un limite massimo di rinnovi contrattuali.
Tuttavia, deve essere comunque rispettata la durata massima complessiva stabilita nel contratto di lavoro. Occorre in fine ricordare che per ogni rinnovo è obbligatoria l’indicazione di una valida causale e che tra un contratto e l’altro occorre che venga rispettato un periodo di pausa.
Dunque, ora che avete saputo il necessario su questa meravigliosa favola dei contratti di lavoro, potete rinnovare la vostra promessa contrattuale (se ne avete uno di contratto di lavoro) e lavorare felici e contenti, finché pensione non vi separi.