Quando una persona decide di intraprendere un lavoro indipendente, spesso si trova davanti a un dilemma: scegliere tra attività di impresa e attività di lavoro autonomo. Entrambe hanno diversi punti in comune, ma anche alcune differenza sostanziali. Facciamo un po’ di chiarezza anche dal punto di vista fiscale e contributivo.
Cos’è un’impresa individuale
L’impresa individuale è una attività economica svolta professionalmente da un soggetto giuridico (persona fisica), titolare e anche unico responsabile della gestione d’impresa che può avvalersi di dipendenti e/o di collaboratori familiari. Il lavoro è prevalentemente svolto dall’imprenditore e dai suoi familiari rispetto al lavoro altrui, così come è prevalente il capitale proprio investito rispetto ad eventuali investimenti esterni.
Gli imprenditori individuali sono identificati nella figura dell’artigiano (idraulico, falegname, muratore, gelataio, pasticciere, elettricista, meccanico, estetista, parrucchiere, ecc.) o nella figura del commerciante (e-commerce grossista dettagliante, ambulante, venditori porta a porta, ecc.).
Costituzione e avvio di un’impresa individuale
Per costituire un’impresa individuale non esiste una quantità minima obbligatoria di capitale iniziale. Le formalità da sbrigare sono poche, tanto che non è necessario ricorrere a un atto notarile. L’imprenditore non è obbligato alla predisposizione e al deposito del bilancio annuale. Inoltre, può usufruire di una contabilità semplificata e scegliere il regime fiscale forfettario. Oltre all’apertura di una partita IVA, ricorre l’obbligo d’iscrizione nel Registro delle Imprese presso le Camere di Commercio della provincia.
L’imprenditore individuale gode di assoluta autonomia decisionale e i costi gestionali sono bassi, inoltre può accedere a diverse fonti di finanziamento. Il procedimento di liquidazione è semplice ed economico: per liquidare l’attività e sufficiente chiudere la partita IVA e comunicare la cessazione alla Camera di Commercio, all’INPS e all’INAIL.
Verrebbe da chiedersi se ci siano anche controindicazioni nell’essere titolare di un’impresa individuale. Ebbene, la risposta è affermativa.
Infatti, l’imprenditore si assume il rischio d’impresa, ovvero in caso di fallimento della stessa, la sua responsabilità è illimitata anche nei confronti di terzi creditori. Egli risponde anche con tutti i beni personali per crediti contratti dall’impresa verso terzi.
Per avviare un’impresa individuale è sufficiente presentare, esclusivamente per via telematica, la Comunicazione Unica detta ComUnica al Registro delle Imprese competente.
La Comunicazione Unica semplifica il rapporto tra le imprese e la Pubblica Amministrazione mediante l’utilizzo di un’unica procedura per gli adempimenti degli interessati nei confronti delle Camere di Commercio, dell’Agenzia delle Entrate, dell’INAIL e dell’INPS:
- richiesta dell’iscrizione al Registro Imprese
- richieste di Codice Fiscale e Partita IVA
- richiesta dell’iscrizione all’INPS dei dipendenti o dei lavoratori autonomi
- apertura della posizione assicurativa presso l’INAIL
- eventuale SCIA (Segnalazione Certificata di Inizio Attività) per il SUAP (Sportello Unico delle Attività Produttive).
Per effettuare queste operazioni il titolare può rivolgersi ad un intermediario (commercialista, associazione di categoria) o procedere in autonomia.
Dal punto di vista fiscale, il reddito prodotto dall’impresa individuale si somma agli altri redditi del titolare. Sul totale imponibile si applica l’aliquota progressiva ai fini Irpef e Irap pagata sul reddito d’impresa.
Il titolare di un’impresa individuale è tenuto all’iscrizione Gestione commercianti ed artigiani INPS versando circa 4.000 euro di contributi fissi su un reddito minimale di circa 15.710 euro. Nel caso fosse superato quest’ultimo, sulla parte eccedente si versano ulteriori contributi in forma percentuale con un’aliquota del 27,72% circa (fino a un tetto massimo di circa 42.000 euro, oltre il quale si pagherà di più).
Attività di lavoro autonomo
Il lavoro autonomo rappresenta ogni attività lavorativa che prevede l’esecuzione, contro corrispettivo, di un’opera o di un servizio con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione nei confronti del committente che non può coordinarlo.
I settori coinvolti da questa attività sono molti: si va dal commercio all’artigianato, passando per le libere professioni, sono esclusi solo coloro che svolgono attività imprenditoriali.
In genere, per svolgere un lavoro autonomo si deve essere titolari di partita IVA e scegliere il regime fiscale (il forfettario è il più vantaggioso). Fiscalmente, i redditi sono tassati in sede di dichiarazione dei redditi con il principio di acconto e saldo, applicando le aliquote progressive previste a seconda degli scaglioni di reddito.
Per l’approfondimento sulla scelta del regime fiscale:
- Regime forfettario 2021: cosa cambia rispetto all’ordinario?
- Regime forfettario 5%: requisiti e costi nel 2021
I lavoratori autonomi privi di una propria Cassa previdenziale versano i contributi all’INPS tramite le gestioni speciali o la gestione separata INPS.
Tuttavia, esiste la figura di lavoratore autonomo occasionale che svolge il suo lavoro sporadicamente e in modo non professionale. In questa categoria rientrano anche i liberi professionisti per cui non ricorre l’obbligo d’iscrizione a un Elenco o Albo professionale.
Non essendo obbligati ad operare con partita Iva, per ricevere il pagamento come corrispettivo della prestazione offerta al cliente/committente, gli autonomi occasionali devono emettere una ricevuta di pagamento con ritenuta d’acconto. Nel caso in cui i loro compensi complessivi lordi dovessero superare i 5.000 euro l’anno, devono aprire obbligatoriamente la partita Iva o procedere con un contratto di lavoro.
Fiscalmente, i lavoratori autonomi occasionali non sono soggetti ad alcuna tassazione se hanno come unico reddito quello da prestazione occasionale non superiore ai 4.800 euro lordi l’anno. Se è stata applicata la ritenuta d’acconto in una o più ricevute, questa potrà essere usata a compensazione per il pagamento di altre imposte. Altrimenti sarà possibile richiedere un rimborso del credito spettante.
A livello previdenziale, non sono obbligati a versare i contributi. Ma nel caso superino la soglia di compensi lordi dei 5.000 euro lordi l’anno, sarà necessaria l’iscrizione presso la Gestione Separata INPS e si andrà quindi a pagare sulla base dell’eccedenza dei 5.000 euro.
Il lavoratore dovrà comunicare per tempo al committente che andrà a superare la soglia dei 5.000 euro e sarà quest’ultimo ad occuparsi dell’iscrizione del lavoratore all’INPS, versando i due terzi dei contributi (il restante terzo è a carico del lavoratore con trattenuta nella ricevuta).