Lavorare dopo la pensione o se sia vietato è una domanda che spesso capita di fare. Essendo il sistema pensionistico vario ed eterogeneo, non esiste una risposta univoca.
Lavorare dopo la pensione: è possibile e quali lavori fare?
Molti sognano la tanto agoniata pensione per potersi riposare un pò. O magari qualcuno pensa di poter comunciare a viaggiare ed andare lontano. Altri invece non la pensano per nulla così. Nasce così la classica domanda: si può lavorare dopo la pensione? Si può lavorare dopo la pensione, ma ci sono dei limiti da dover rispettare e delle precisazioni da fare. Essendo che vi sono diversi trattamenti contributivi, viene da se che ci sono diverse limitazioni.A questo punto è bene capire per singoli casi, se si può o non si può andare a lavorare dopo la pensione. Anche se nella maggior parte dei trattamenti pensionistici sono previsti alcuni lavori possibili. Tra questi rientrano:
- prestazione occasionale;
- part-time;
- lavori a termine;
- cariche pubbliche elettive;
- attività d’impresa.
Lavorare dopo la pensione: è possibile con quella anticipata contributiva?
Dal 2009 non esiste alcun vincolo cumulativo tra il reddito derivante dalla pensione e quello proveniente da attività lavorativa. Questo principio vale solo per i trattamenti previdenziali diretti. In altre parole rientrano in questa categoria la pensione anticipata di vecchiaia e quella contributiva. Se il contribuente-pensionato gode di questo regime, ha la possibilità di lavoro, purchè sussista uno dei seguenti elementi:
- almeno 35 anni di contributi e 61 di età;
- ha alle spalle almeno 40 anni di contributi versati;
- ha almeno 65 anni di età se uomo;
- almeno 60 anni di età se donna.
Inoltre per chi va in pensione con il sistema contributivo prima dei 63 anni ed chi inizia a lavorare come dipendente, perde il diritto all’assegno previdenziale. Se invece inizia un’attività lavorativa autonoma perde il 50% del valore dell’assegno.
Cosa succede in caso di pensione di invalidità?
La pensione viene soppressa quando il lavoratore (già pensionato) riceve un guadagno che supera di tre volte l’ammontare della pensione minima, quindi superiore a 1.539 euro. Invece per chi lavora, ma non ha un reddito come dipendente inferiore a questo limite non viene soppressa. Però si applica una trattenuta del 50% sulla differenza tra l’importo lordo della prestazione e la pensione minima INPS. Invece, se il lavoro è di tipo autonomo, la ritenuta è pari al 30% calcolabile allo stesso modo. Infine se si è possessori di un assegno di invalidità, continuino a fare l’attività che facevano prima del pensionamento, perdono:
- il 25% della pensione se il reddito è superiore a 2.052,04 euro;
- il 505 se il reddito è inferiore a 2.565,05 euro.
Opzione donna, i limiti ed i vincoli
L’opzione donna permette alla lavoratrici di poter andare in pensione al verificarsi di alcuni requisiti:
- per le lavoratrici autonome aver raggiunto 59 anni alla data del 31 dicembre 2019 e possedere 35 anni contributivi;
- per le lavoratrici dipendenti aver raggiunto 58 anni alla data del 31 dicembre 2019 ed avere 35 anni di contributi versati.
Come abbiamo detto il divieto di cumulo reddituale non interessa l’opzione donna. Per cui la pensione con questo sistema è cumulabile con redditi da lavoro. E questo consente alla lavoratrice, dopo la decorrenza del trattamento di riprendere l’attività lavorativa senza riduzioni sull’assegno. Pertanto si può tranquillamente continuare a lavorare sia nel settore privato che pubblico.
Lavorare dopo la pensione: anche in caso di vecchiaia?
Non esistono limiti di cumulo tra la pensione ed il lavoro. Pertanto, possiamo riassume così le varie pensioni:
- ordinaria (con 67 anni di età e 20 anni di contributi) si applica il calcolo contributivo, si deve superare la soglia minima di trattamento pari ad almeno 1,5 volte l’assegno sociale);
- anticipata (56 anni per la donne e 61 per gli uomini) la pensione di vecchiaia è destinata a lavoratori dipendenti del settore privato con il riconoscimento di un’invalidità dell’80%;
- contributiva (71 anni di età e 5 di contributi)
- regime di totalizzazione con 66 anni, 20 di contributi e 18 mesi di finestra.
Cosa succede in caso di Ape sociale?
Se si è percettori di assegno relativa all’Ape sociale è possibile lavorare a patto che non vengano superati:
- 4800 euro lordi l’anno di redditi derivanti da lavoro autonomo;
- 8 mila euro lordi per i redditi derivanti da lavoro dipendente.
Si ricorda che l’Ape sociale è un sostegno al reddito fino all’accompagnamento all’età pensionabile. Tuttavia, l’importo si calcola sulla base del futuro trattamento pensionistico. Il limite massimo previsto è di 1500 euro lordi per 12 mensilità. E comunque Vige la tassazione ordinaria.
E’ possibile lavorare con la pensione quota 100?
Con la quota 100 viene reintrodotto il principio di divieto di cumulo nel periodo che intercorre tra la decorrenza della pensione e il raggiungimento del requisito anagrafico richiesto per la pensione di vecchiaia. Quindi l’assegno viene sospeso:
- fino al raggiungimento dei requisiti per la pensione di vecchiaia;
- fino al termine dell’attività lavorativa.
La sola eccezione viene fatta però per i lavori autonomi occasionali, che non comportano la sospensione, se hanno un limite massimo di ricavi pari a 5 mila euro lordi l’anno.
Si può lavorare in caso di pensione di reversibilità ed inabilità?
Anche in questo caso è possibile lavorare ma con delle riduzione. Infatti, l’assegno sarà ridotto del:
- 25% se il reddito supera 3 volte il trattamento minimo;
- 40% se lo supera di 4 volte;
- 50% se lo supera di 5 volte.
Nel caso di inabilità specifica le riduzioni sono applicabili se si supera la soglia minima. In altre parole le riduzioni sono pari:
- al 50% della quota eccedente, se il reddito percepito è di lavoro dipendente o assimilato;
- al 30% della quota eccedente, se il reddito è di lavoro autonomo.
Solo se si tratta di inabilità da lavoro non si può lavorare in nessun caso. Non è nemmeno consentita l’iscrizione ad albi, elenchi di professionisti o affini. Diverso è quando si parta di inabilità civile. Infatti, è possibile lavorare ma con le seguenti restrizioni:
- il reddito annuo percepito non deve superare 4923 euro;
- occorre essere disoccupati.
Questo è possibile perchè l’invalidità civile non è da configurarsi come pensione. Ma come una prestazione di assistenza erogata per gli invalidi in caso di bisogno economico. Infine se si è possessori di un’invalidità pari al 100% si può lavorare ma senza superare 16.982,49 euro annui di reddito complessivo per il 2020. Pertanto a conclusione di può affermare che prima di tornare a lavoro è meglio calcolarne la convenienza.