Quella del calcolo della pensione pubblica non è mai un’operazione semplice. E questo perché ad entrare in gioco, per la determinazione della prestazione ai fini previdenziali, sono diversi fattori a partire dal criterio di calcolo che può essere di tipo retributivo e misto, oppure di tipo contributivo.
Quando e come si può andare in pensione con il sistema contributivo
In quest’ultimo caso un lavoratore, per andare in pensione con il sistema contributivo, deve essere privo di anzianità contributiva alla data del 31 dicembre del 1995. Oppure se, in base agli istituti vigenti, il criterio di calcolo della pensione è basato proprio sul sistema contributivo che, tra l’altro, da quasi un ventennio ha preso il sopravvento rispetto al criterio di calcolo di tipo retributivo e misto.
Dal 2012 per la pensione INPS il criterio contributivo ha preso il sopravvento
Per le anzianità contributive che sono state maturate a decorrere dalla data dell’1° gennaio del 2012, infatti, l’Istituto Nazionale per la Previdenza Sociale (INPS) applica a tutti i lavoratori, ai fini della determinazione dell’importo della pensione, proprio il criterio di calcolo che è basato sul metodo contributivo.
Il passaggio dal retributivo al contributivo tra conti pubblici e giustizia sociale
Il passaggio dal sistema retributivo a quello contributivo ha introdotto un sistema di calcolo della pensione in funzione di quanto effettivamente è stato versato in termini di contributi previdenziali. Una scelta, da parte del legislatore, che è stata dettata non solo dal garantire nel lungo termine la sostenibilità della spesa previdenziale a carico dello Stato italiano, al fine di continuare a garantire il pagamento delle pensioni, ma anche per sanare, proprio con il passaggio dal criterio di calcolo retributivo a quello contributivo, gli eccessi del passato tra pensioni d’oro, privilegi e rendite stellari.
Come viene calcolata la pensione con il sistema contributivo
Per spiegare con parole semplici come viene calcolata la pensione con il sistema contributivo, l’INPS determina la prestazione previdenziale in rapporto ai contributi effettivamente versati negli anni adottando ed applicando un criterio di rivalutazione che porta ad una somma che, detta montante, viene moltiplicata per un coefficiente di trasformazione che è funzione dell’aspettativa media di vita della generazione alla quale appartiene il lavoratore che ha maturato i requisiti per andare in pensione.
Con questo criterio di calcolo un lavoratore che ha versato di più prenderà ogni mese una pensione più alta rispetto a chi, invece, negli anni ha versato meno contributi previdenziali. Inoltre, il coefficiente di trasformazione applicato cresce all’aumentare dell’età, con la conseguenza che l’Istituto Nazionale per la Previdenza Sociale tende sempre a premiare con una pensione più alta coloro che si ritirano dal lavoro più tardi.
Mentre per la determinazione del montante individuale, a favore del lavoratore che ha maturato il diritto per andare in pensione, l’INPS prima va a sommare i contributi che sono stati versati negli anni, e poi li rivaluta applicando un tasso annuo di capitalizzazione che, a sua volta, si basa sulla variazione media quinquennale del Prodotto Interno Lordo (PIL) italiano che viene rilevato e determinato dall’Istituto Nazionale di Statistica (ISTAT).