Quando si parla di cashback, quindi di ottenere un rimborso su una quota spesa, si genera sempre interesse presso il consumatore. Ma, al contempo, non si esclude di generare confusione o comunque dei dubbi. Ad esempio, il rimborso ottenuto dal cashback andrà inserito nella dichiarazione dei redditi? Scopriamolo assieme.
Il cashback va dichiarato?
La modalità di cashback è stata inserita nella legge di bilancio 2020 ed è stata resa, tramite decreto, nello scorso novembre dello stesso 2020, al fine di favorire l’utilizzo di carte e di app, riducendo l’uso di denaro contante. In linea di massima, potremmo dire che il cashback non va inserito nella dichiarazione dei redditi.
E’ lo stesso comma 288 della legge di bilancio 2021 a renderlo chiaro e definito, recitando testuali parole: “i rimborsi attribuiti non concorrono a formare il reddito del percipiente per l’intero ammontare corrisposto nel periodo d’imposta e non sono assoggettati ad alcun prelievo erariale.”
Chi partecipa, quindi, al programma Cashback lanciato dal governo non deve inserire i rimborsi nella dichiarazione dei redditi.
Cashback che può fare reddito
Ma la parola cashback viene usata indistintamente anche per altri rimborsi o scontistiche e proprio in questo caso è da fare una distinzione sull’eventuale inserimento nella dichiarazione dei redditi.
Ci sono due modalità di stabilire il rimborso di un acquisto, previa cashback. Ovvero il cashback come sconto indiretto e quello come prestazione lavorativa.
Nel caso dello sconto indiretto, il commerciante non farà altro che effettuare un rimborso, postumo di qualche giorno o di qualche mese, su una merce acquistata, come se stesse applicando uno sconto sul prodotto, ma non in maniera diretta. Quindi, non immediatamente alla cassa, al momento dell’acquisto.
Nel secondo caso, invece, il cashback (quindi il rimborso sul prodotto) ci viene riconosciuto come “prestazione occasionale“, come una sorta di commissione, di affiliazione sulla vendita del prodotto e quindi, in tal senso come una attività di vendita, di mediazione, quindi lavorativa. In tal caso, quel tipo di cashback sarà inseribile nella dichiarazione dei redditi.
Ovviamente, il sito che genera il cashback dovrà produrre i documenti fiscali relativi al pagamento, che andremo ad incassare come privato, con codice fiscale o come libero professionista con partita IVA. Ed in tal caso, dovremmo emettere relativa fattura.
Ulteriormente, dovremo tener conto anche della No Tax aerea per stabilire come fare reddito, con o senza cashback. Ovvero quella soglia di reddito all’interno della quale l’imposta (Irpef) dovuta sarà pari a zero. Naturalmente, una soglia che andrà a variare in base al tipo di contribuente cui si appartiene e in base al proprio nucleo famigliare, come ben si sa. Per cui, un utente che nello stesso anno in cui riceve il cashback avrà dichiarato un reddito pari o inferiore alla soglia della No Tax, non vi sarà gravato alcun esborso di tassa sul cashback ricevuto.