Green economy, motore anti-crisi

Una delle più efficaci risposte alla crisi di questi ultimi anni è stata sicuramente la green economy, che ha saputo sensibilizzare nei confronti di innovazione, ma anche all’utilizzo consapevole di energia e materia, e che viene abbracciata sempre più frequentemente da aziende grandi e piccole.
A confermarlo sono i dati di GreenItaly 2017, rapporto realizzato da Fondazione Symbola e Unioncamere.

Ad oggi, sono 355mila le aziende italiane, pari al 27,1% del totale, ad aver deciso di investire in tecnologie green per ridurre l’impatto ambientale, risparmiare energia e contenere le emissioni di CO2.
Questa percentuale aumenta se si considera l’industria manifatturiera, con punte del 33,8%, tanto da rendere il Made in Italy ancora più competitivo e quindi in grado di garantire una costante crescita delle esportazioni e del fatturato.

Ovviamente, l’avvento della green economy ha portato alla creazione di nuovi posti di lavoro “verdi” che, ad oggi, sono 2 milioni 972mila, che corrispondono al 13,1% dell’occupazione complessiva nazionale, destinata a salire ancora entro dicembre, poiché sono in arrivo altri 320 mila green jobs e, considerando anche le assunzioni per le quali sono richieste competenze green, si aggiungono altri 863 mila occupati.
La green economy genera anche ricchezza, poiché i green jobs hanno contribuito, e continueranno a farlo, alla formazione di 195,8 miliardi di euro di valore aggiunto, pari al 13,1% del totale complessivo.

Ermete Realacci, presidente di Fondazione Symbola, ha commentato così questi risultati: “Emerge con sempre maggiore forza, la necessità di un’economia più sostenibile e a misura d’uomo e per questo più forte e competitiva. Lo si evince anche dal Nobel nuovamente dato ad un economista atipico che riflette sulle persone e sulle comunità: quest’anno a Richard Thaler che, con le sue teorie, ha spiegato come i tratti umani incidono le decisioni individuali e gli esiti del mercato. Per andare in questa direzione occorre un’economia che incroci innovazione e qualità con valori e coesione sociale; ricerca e tecnologia con design e bellezza, industria 4.0 e antichi saperi. La green economy è la frontiera più avanzata per cogliere queste opportunità. È l’Italia che fa l’Italia, che non dimentica il passato ma che è insieme innovativa e promettente oltre i luoghi comuni, in grado di affrontare le sfide del futuro, un Paese di cui andare fieri e cui dare credito”.

Ha aggiunto Ivan Lo Bello, presidente di Unioncamere: “Questo rapporto che sviluppiamo insieme a Symbola conferma che la green economy è da anni sinonimo di competitività. Perché è capace di coniugare tradizione e innovazione, qualità e bellezza, coesione e cura dei dettagli, rispetto dell’ambiente e crescita sostenibile. E questo connubio si traduce per le imprese che abbracciano la scelta “verde” in migliori performance in termini di ordinativi, presenza all’estero e propensione ad assumere, in particolare nell’area “R&S. Per questo conviene seguire la strada green per accelerare una crescita sostenibile, moderna e innovativa, del sistema Paese. Un tema strettamente legato al Piano Nazionale Impresa 4.0, al quale le Camere di commercio daranno il proprio contributo attraverso la costituzione di 77 Punti di impresa digitale (Pid) per diffondere la conoscenza di base sulle tecnologie”.

Le imprese green sono anche più propense ad investire in ricerca, tanto che nell’anno in corso la diffusione della divisione ricerca e sviluppo tra le medie imprese manifatturiere che hanno investito in prodotti e tecnologie green nel triennio 2014-2016 è a quota 27%, contro il 18% delle non investitrici.
E questo porta inevitabilmente ad un consistente incremento dell’export, aumentato nel 49% dei casi, rispetto al 33% di quelle che non investono nel verde.
Le imprese green dunque hanno visto il loro fatturato aumentare, tra il 2015 e il 2016, nel 58% dei casi, contro il 53% degli altri casi.

Le aziende green, inoltre, si dimostrano più propense non solo ad assumere ma anche ad investire in formazione, poiché è ancora difficile reperire sul mercato le figure ricercate, trattandosi di professionisti con esperienza ed un livello di qualificazione più elevato.
A livello contrattuale, si tratta nel 46% dei casi di assunzioni a tempo indeterminato.

Per quanto riguarda la diffusione in Italia delle imprese green, la Lombardia è la prima per numero di aziende che investono nel settore, e per la precisione sono 63.170. Seguono il Veneto con 35.370 unità, il Lazio con 30.020 imprese green, l’Emilia-Romagna a quota 29.480 e la Toscana con 29.340. Quindi troviamo il Piemonte con 24.470, la Campania (24.230), la Sicilia (23.940), la Puglia (22.070) e Marche (9.820).
A livello provinciale, in termini assoluti, Milano e Roma guidano la graduatoria staccando nettamente le altre province italiane grazie alla presenza, rispettivamente, di 22.300 e 20.700 imprese che investono in tecnologie green. In terza, quarta e quinta posizione, con oltre 10.000 imprese eco-investitrici si collocano Napoli, Torino e Bari.

La Lombardia è prima anche per assunzioni programmate di green jobs e se ne contano in tutti 81.620, pari a poco più di un quarto del totale nazionale (25,7%), seguita a distanza dal Lazio, con 35.080 assunzioni (11% del totale nazionale), dall’Emilia Romagna con 32.960 di green jobs (10,4%), quindi da Veneto a quota 30.940 e Piemonte con 24.340. Troviamo quindi la Campania (17.680), la Toscana (16.470), la Puglia (14.300), la Sicilia (12.250) e la Liguria (9.300).
In questo caso, le prime province sono Milano, con 42.910 assunzioni, e Roma, con 29.480. In terza posizione c’è Torino, dove la domanda di green jobs è di 15.070 unità, quarta Napoli con 9.670 assunzioni, quinta Brescia con 9.110 assunzioni.

Vera MORETTI