Imprese straniere in continuo aumento

Le imprese nate in Italia ma condotte da stranieri sembrano non conoscere crisi, tanto che, a fine 2016, le imprese straniere hanno raggiunto quota 571mila unità, con una crescita del 25,8% a partire dal 2011.

Confrontandola con la performance delle imprese italiane, si nota come queste ultime siano in maggiore affanno, tanto che, nello stesso periodo, sono calate del 2,7%, come ha confermato un’indagine condotta dall’Osservatorio Confesercenti e da Istat.

Questo exploit riguarda tutto il territorio nazionale, anche se ovviamente è particolarmente diffuso nelle metropoli e nelle città d’arte. Oltre un quinto degli imprenditori non italiani (il 22,5%) si concentra in soli sette centri urbani: Roma, Milano, Napoli, Palermo, Bologna, Firenze e Torino, con la città eterna capitale indiscussa, con oltre 48.413 attività non italiane, cresciute del 165% negli ultimi sei anni. Seguono Milano (33.496) e Torino (16.660). Ma a registrare tasso maggiore di stranieri è Firenze, con 7.684 imprese, il 17,3% del totale.

I settori maggiormente battuti sono il commercio all’ingrosso e al dettaglio, con un totale di 206.767 imprese straniere, seguito dall’Edilizia (130.567 imprese) e da Alloggio e ristorazione (43.683).
Tra le attività specifiche più gettonate dagli stranieri, il commercio su area pubblica è al primo posto: gli ambulanti nati fuori dall’Italia sono circa 107.300, il 53,5% del totale. E nei centri urbani la quota è ancora maggiore: nella città di Milano si arriva addirittura all’82,0% e a Palermo all’80,6%.
Grandi numeri di imprese straniere anche nella ristorazione e nel servizio bar, dove sono quasi 30mila, e nel food take away, che vede attive circa 9.300 imprese non italiane tra kebab e altri servizi d’asporto, poco di meno delle 9.700 attività di pulizia straniere attive in Italia.

Anche i minimarket sono ormai molto diffusi tra le imprese straniere, con maggior concentrazione a Bologna, Genova e Milano, dove gli empori condotti da non italiani, e in questo caso soprattutto cinesi, sono il 36,3%.

Ma da dove provengono questi imprenditori? In primis dal Bangladesh, con addirittura un quarto del totale, 22,7%, seguito da Romania (8,0%), Pakistan (6,2%), Cina (5,5%) e India (5,0%).

Mauro Bussoni, Segretario Generale Confesercenti, ha dichiarato in proposito: “La performance dalle imprese straniere è talmente notevole da essere ai limiti della credibilità, soprattutto se si considera che il periodo analizzato è stato caratterizzato dalla più grande crisi economica vissuta dal Paese negli ultimi 70 anni. “imane però il dubbio che molte di queste attività pratichino forme di concorrenza sleale. Un dubbio corroborato non solo dalle segnalazioni delle altre imprese, che ci arrivano in continuazione, ma anche dai dati fiscali. Nel commercio ambulante, ad esempio, risultano conosciute al fisco solo 60mila delle oltre 193mila imprese iscritte ai registri camerali. Qualche perplessità solleva anche l’elevato livello di turnover, ovvero il rapporto tra aperture e chiusure, che caratterizza le imprese straniere. Mediamente è il 24%, il doppio di quello delle attività italiane. In alcuni settori del commercio e dei servizi è poi ancora più elevato: è il caso dei centri benessere, in cui aperture e chiusure in un anno sono più della metà delle imprese (54%). Ma ci sono livelli di turnover da spiegare anche per frutta e verdura, ambulanti, autolavaggi, attività di alloggio, ristorazione con asporto, bar, lavanderie, barbieri e parrucchieri. Generalizzare è sempre sbagliato, ma di fronte a tante e tali evidenze sarebbe necessario procedere ad un piano di controllo accurato dei settori che, dati alla mano, appaiono più a rischio di irregolarità. Altrimenti si rischia di dare un via libera di fatto a fenomeni di concorrenza sleale”.

Vera MORETTI