La crisi economica si è abbattuta anche sui professionisti, che hanno visto il loro fatturato diminuire sensibilmente, soprattutto nelle fasce di lavoratori più giovani.
Ad esempio, i professionisti dell’area giuridica hanno perso in sei anni il 23% del loro fatturato, mentre nell’area tecnica la percentuale è del 15%.
La tendenza, inoltre, non sembra si sia fermata, quindi le categorie interessate hanno deciso di reagire, con un’adunata degli Ordini territoriali svoltasi lo scorso sabato, con un coro univoco di proteste che chiedevano, in primo luogo, l’equo compenso.
Secondo i professionisti l’ondata di liberalizzazioni e l’eliminazione dei minimi tariffari ha finito per favorire una corsa al ribasso che ha fatto male a tutti ma soprattutto alle fasce più deboli di ogni categoria.
Il problema quindi è quello dei compensi, ma anche lo split payment, il pagamento esente da Iva da parte delle pubbliche amministrazioni, delle loro controllate e delle società quotate, ha suscitato non poche polemiche, colpevole di danneggiare ulteriormente i professionisti, equiparati alle aziende ma vissuto come tassa in grado di mettere ancora di più in ginocchio i fatturati dei professionisti di tutte le categorie
Il Cup, Comitato unico delle professioni, ha riconsiderato la questione dell’equo compenso, confrontandolo quando avviene fuori dai confini italiani. In Spagna per esempio è previsto un tariffario orientativo, mentre in Germania le tariffe sono obbligatorie e il mancato rispetto da parte del professionisti è sanzionato a garanzia dei cittadini che hanno dei riferimenti certi. Ciò, dunque, dimostrerebbe che non è stata una direttiva comunitaria a stabilire l’abolizione delle tariffe, come è avvenuto per i professionisti italiani.
Sparite le tariffe, sono entrati in vigore i parametri giudiziali, che servono al giudice per stabilire il valore della prestazione professionale nel caso si instauri su di essa una controversia. Il punto è che si tratta di dati non utilizzabili nel corso dell’ordinaria attività. Gli ordini professionali sono in agitazione proprio per questa lunga serie di motivazioni e le iniziative si fanno sempre più decise per arrivare ad un risultato concreto.
Per questi motivi, il Cup ha richiesto, in occasione dell’audizione sul Jobs Act del lavoro autonomo alla Camera, di ripristinare le tariffe, anche per arginare la crisi.
Ad esprimersi è stata Marina Calderone, presidente del Cup e del Consiglio nazionale dell’ordine dei consulenti del lavoro: “Si torna a parlare di equo compenso per vari motivi. Innanzitutto perché a pagare gli effetti della crisi economica degli ultimi anni sono stati soprattutto i liberi professionisti italiani, che molto spesso costituiscono la parte più debole del rapporto contrattuale. Nella nostra Costituzione il lavoro è protetto in tutte le sue forme ed applicazioni. Lavoratore è il termine con cui ci si riferisce a tutti coloro che lavorano, senza alcuna distinzione di categoria. È evidente, quindi, che anche il professionista ha diritto a un compenso che sia correlato alla qualità e alla quantità del lavoro svolto, come sancito dall’art. 36 della Costituzione. A garanzia della dignità dei liberi professionisti e dei loro committenti”.
Vera MORETTI