Nella sentenza 18834 del 19 aprile 2017, la Corte di Cassazione ha affermato che la responsabilità penale per il reato di omesso versamento dell’Iva, di cui all’articolo 10-ter del Dlgs 74/2000, sussiste in capo al soggetto che ricopre la carica sociale di legale rappresentante al momento del termine ultimo per il versamento dell’imposta, ossia il termine ultimo per il versamento dell’acconto relativo al periodo di imposta successivo.
Su tale soggetto, infatti, in ragione della carica ricoperta, grava l’obbligazione tributaria in presenza di debito ben esposto nella relativa dichiarazione, anche se abbia assunto la carica dopo la sottoscrizione della dichiarazione, redatta da altro soggetto.
E’ accaduto in una causa in cui il tribunale di Milano condannava alla pena di un anno di reclusione e alle pene accessorie per il reato di cui all’articolo 10-ter del Dlgs 74/2000, il legale rappresentante di una società nel periodo 6 ottobre – 30 dicembre 2009, per aver omesso il versamento dell’imposta sul valore aggiunto dovuta in base alla dichiarazione Iva relativa all’anno d’imposta 2009.
Il tribunale di Milano individuava come data di commissione del fatto il 27 dicembre 2009, termine appunto previsto per il versamento dell’acconto sull’imposta relativa al periodo successivo, data nella quale l’imputato rivestiva la carica di legale rappresentante. Tale sentenza veniva poi confermata dalla Corte d’appello di Milano.
Il condannato, dunque, si è rivolto in Cassazione, sostenendo che la Corte d’appello avrebbe erroneamente ritenuto sussistente la violazione contestata, non considerando che lo stesso aveva assunto la carica sociale solo in un momento successivo alla sottoscrizione della dichiarazione, redatta da un altro soggetto, la quale non evidenziava il debito Iva.
La terza sezione della Corte di cassazione penale, dopo aver premesso che, nel caso di specie, non era in contestazione la materiale omissione del versamento dell’imposta dovuta, ha ritenuto infondate le censure basate sul rilievo dell’assunzione della carica sociale in un momento successivo alla sottoscrizione della dichiarazione e dell’assenza della esposizione del debito Iva nella medesima.
In primo luogo, i giudici hanno evidenziato che, secondo orientamento consolidato della Cassazione, la responsabilità per i reati previsti dal Dlgs 74/2000 “è attribuita all’amministratore, individuato secondo le norme civilistiche di cui agli artt. 2380 e ss., artt. 2455 e 2475 c.c. cioè a coloro che rappresentano e gestiscono l’ente. Costoro, in quanto tali, sono tenuti a presentare e sottoscrivere le dichiarazioni rilevanti per l’ordinamento tributario di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 1, lett. c) ed e), adempiendo agli obblighi conseguenti, e ciò sulla base del principio secondo cui colui che assume la carica di amministratore, si espone volontariamente a tutte le conseguenze che possono derivare da pregresse inadempienze”.
In relazione al reato di omesso versamento, la Corte suprema ha chiarito che occorre fare riferimento al momento in cui la legge fissa il termine ultimo per il versamento dell’imposta; è, quindi, sul legale rappresentante a tale data che grava l’obbligazione tributaria e si integra la condotta omissiva, a nulla rilevando che il soggetto che ha materialmente redatto la dichiarazione annuale Iva sia diverso.
Ciò conferma quanto già stabilito dalla medesima Corte in precedenti occasioni in caso di subentro nella carica sociale; in particolare, secondo i giudici di legittimità, non è ammissibile una responsabilità in capo all’originario legale rappresentante che abbia solo sottoscritto la dichiarazione nel caso in cui il nuovo legale rappresentante, subentrato al precedente, ometta di versare l’Iva.
In relazione all’elemento soggettivo, la Cassazione lo ha ritenuto sussistente poiché, in tale ipotesi, è stato “consapevolmente omesso il versamento dell’Iva, dovuta sulla base della dichiarazione che la esponeva”; la Corte, infatti, ha rilevato che, dalla sentenza della Corte d’appello impugnata, risultava che nella dichiarazione annuale Iva erano riportati il credito finale, l’ammontare dell’imposta dovuta (e non versata), l’ammontare dei versamenti periodici compiuti.
Inoltre, i giudici di legittimità hanno ritenuto totalmente smentita l’affermazione difensiva secondo cui il ricorrente non poteva essere a conoscenza del debito tributario non evincibile dalla dichiarazione sottoscritta da altri non avendo alcuna carica sociale al momento della sua compilazione.
In conclusione, viene confermata la condanna a carico del ricorrente poiché “ben poteva avere contezza, dalla semplice lettura della dichiarazione annuale Iva del 30 settembre 2009, del debito tributario della società, debito tributario che imponeva, come termine ultimo, il versamento della relativa somma al 27 dicembre 2009, data nella quale egli era il soggetto tenuto, in ragione della carica ricoperta, al versamento”.
Vera MORETTI