Non sono pochi i dubbi che accompagnano la politica di Quantitative Easing messa in atto dalla Bce da più di un anno e mezzo; ossia, l’acquisto massiccio di titoli di Stato per provare a far ripartire l’economia, riportando il tasso di inflazione al 2%.
I risultati, infatti, sono piuttosto deludenti. Nonostante la Banca Centrale Europea abbia acquistato tramite Quantitative Easing titoli per oltre 1200 miliardi di euro e un’immissione mensile sul mercato di 80 miliardi al mese, gli effetti sull’economia reale ancora non si vedono, con inflazione intorno allo zero e prestiti alle imprese in calo.
Lo conferma un’analisi dell’Ufficio Studi della Cgia dalla quale emerge che, nonostante il Quantitative Easing, il livello medio dei prezzi nell’area euro è cresciuto solo dello 0,2% e i prestiti alle imprese sono calati dello 0,5%.
Una tendenza che interessa anche Paesi più forti del nostro, come Germania e Francia, nei quali le previsioni di crescita economica per il 2016-2017 sono più favorevoli che in Italia e dove i prestiti alle imprese sono cresciuti nell’ultimo anno.
In Italia, la Bce ha acquistato tramite Quantitative Easing titoli di stato per 176,2 miliardi tra il 9 marzo 2015 e il 30 settembre 2016. A fronte di questo sforzo, negli ultimi 12 mesi, l’inflazione si è attestata al -0,1% e i prestiti alle imprese sono addirittura calati: -2,9%, pari a una contrazione di 26,4 miliardi.
Nello specifico, rileva la Cgia, le regioni che hanno risentito di più di questo calo dei prestiti alle imprese, nonostante il Quantitative Easing, sono state Marche (-10,1%), Lazio (-7%), Veneto (-6,6%) e Molise (- 6,3%).
Lucida l’analisi su questo flop del Quantitative Easing operata dal coordinatore dell’Ufficio studi della Cgia, Paolo Zabeo, secondo il quale i soldi arrivati dalla Bce sono rimasti nelle casse delle banche invece di essere impiegati per le finalità cui erano destinati.
“L’acquisto di titoli del debito pubblico dei Paesi dell’euro – commenta Zabeo – ha contribuito a garantire una certa stabilità finanziaria ma è evidente come questa grossa iniezione di liquidità non stia raggiungendo i risultati sperati tant’è che l’inflazione è ferma, i prestiti alle imprese sono in costante calo e la crescita economica non trova lo slancio che servirebbe, creando preoccupazione negli operatori e riducendo la fiducia delle imprese. Una quota rilevante di questi 176 miliardi di euro sono finiti agli investitori istituzionali ovvero alle banche che, però, hanno preferito trattenerseli, aumentando così il livello di patrimonializzazione come richiesto dalla Bce, anziché impiegarli nell’economia reale”.