Il tema dell’assoggettamento all’ Irap di alcune categorie professionali è sempre piuttosto caldo. Ora, sul tema, arriva un recente pronunciamento della Corte di Cassazione destinato a fare giurisprudenza.
La Suprema Corte ha infatti stabilito, con un’apposita sentenza del settembre scorso, che è corretta la richiesta di rimborso Irap avanzata da un componente di uno studio associato se relativa all’ Irap versata sui compensi ricevuti in seguito a incarichi di controllo e amministrazione ricoperti in società ed enti, qualora siano stati fatturati nell’ambito della propria posizione personale, senza dipendenti né beni strumentali di rilievo.
Questa sentenza della Cassazione sull’ Irap può essere applicata a ulteriori attività, tipicamente quella di amministratore di condominio, che il singolo componente dell’associazione professionale svolge in autonomia.
Nello specifico, la Cassazione era stata chiamata dalle Entrate a giudicare sul caso di un commercialista che si era visto riconoscere in secondo grado il rimborso dell’ Irap versata, nonostante operasse principalmente come membro di uno studio associato, ma ricoprisse in autonomia anche i ruoli di sindaco, revisore e amministratore di società ed enti.
Le Entrate, infatti, si rifiutavano di erogare il rimborso nonostante vi fossero tutti i presupposti per l’esonero dall’imposta, poiché ritenevano che l’autonoma organizzazione fosse presumibile dalla partecipazione del commercialista alla associazione professionale.
La Cassazione ha invece dato ragione al professionista sostenendo che è compito del giudice verificare se l’attività per la quale viene richiesto l’esonero Irap sia concretamente svolta non solo senza organizzazione propria, ma anche in autonomia, singolarmente e separatamente dall’attività svolta dal professionista per conto della associazione professionale cui appartiene.