A quasi tre mesi dall’entrata in vigore della norma che rende facoltativo l’intervento del notaio in fase di costituzione, Federnotai, l’associazione sindacale di categoria, fa un bilancio del “fenomeno startup“, per individuare gli strumenti idonei a favorirne lo sviluppo.
Ancora oggi, le startup sono solo lo 0,38% delle società di capitali italiane, una su 263. E nove volte su dieci, chi costituisce una startup preferisce rivolgersi al notaio.
Il Mise ha infatti diffuso nei giorni scorsi il rapporto sul numero di startup innovative create dal 20 luglio 2016, da quando ciò è diventato possibile costituirle senza passare dal notaio. Federnotai ha realizzato un sondaggio su un campione di 200 notai sul territorio nazionale, dal quale emerge una tendenza chiara: le startup innovative rappresentano, a quasi quattro anni dalla loro introduzione, un fenomeno poco diffuso nel panorama dell’imprenditoria italiana.
Carmelo Di Marco, presidente di Federnotai afferma in proposito: “Per incentivare veramente la nascita delle startup innovative bisognerebbe prevedere una reale semplificazione: oggi, per ottenere agevolazioni limitate e a termine, occorrono requisiti difficili da possedere, da documentare e da conservare nel tempo. Eliminare l’intervento del notaio non aiuta a lanciare questo tipo di società, e i dati lo dimostrano chiaramente: dal 20 luglio al 30 settembre di quest’anno ne sono state iscritte mediamente 101,30 al mese, contro una media mensile di 141,38 da quando l’istituto è stato introdotto nell’ordinamento”.
“Nello stesso periodo – prosegue Di Marco – sono state iscritte complessivamente 233 startup innovative: il 90% di queste, ben 208, con l’ausilio dei notai. È la dimostrazione che gli imprenditori, di fronte ad un’operazione che richiede competenze professionali specialistiche, scelgono un servizio che coniughi in modo efficiente, e quindi economico, la nascita della nuova impresa con l’applicazione delle regole e dei controlli di legalità. Non è solo una questione di numeri, il passaggio dal notaio garantisce anche la semplificazione di un procedimento complesso e articolato. È significativo leggere nel rapporto del Mise che, su 54 società costituite senza notaio in quell’arco temporale, solo 25 sono già iscritte nella sezione speciale del Registro delle imprese”.
“Adottare misure demagogiche che scardinano il sistema di controlli previsto dalla normativa europea e nazionale – conclude Di Marco – non serve ad attrarre gli imprenditori, che esprimono un forte bisogno di regole certe e affidabili, applicate in modo efficiente”.
Rispetto alle società di capitali tradizionali, le startup attraggono di meno le donne e gli stranieri; i giovani le preferiscono alle società tradizionali, utilizzandole come strumento per una propria attività lavorativa, che faticano a prestare in altro modo.
Il numero medio dei soci di startup è superiore a quello delle normali società di capitali, le quali invece hanno mediamente circa il quadruplo dei dipendenti: nelle startup i soci sono spesso lavoratori in prima persona, non solo imprenditori che investono.
Infine, i dati diffusi dal Registro delle Imprese nel luglio 2016 (riferiti alla fine del 2014) dicono che solo il 43,46% delle startup ha conseguito un utile, contro il 61,74% delle società di capitali tradizionali.