di Davide PASSONI
L’ultima parte della prima giornata di lavori si è chiusa con un lungo confronto tra personalità della politica, delle professioni e dell’industria sui temi delle riforme. A discutere, moderati dalla giornalista Rai Elena Carbonari, si sono trovati Enrico Morando, viceministro dell’Economia e delle Finanze, Anna Cinzia Bonfrisco, presidente della Commissione per la vigilanza sulla Cassa Depositi e Prestiti, Carlo Bonomi, presidente del Gruppo Tecnico per il Fisco di Confindustria, Angelo Deiana, presidente di Confassociazioni, e Giorgio Del Ghingaro, vicepresidente dell’Istituto Nazionale Tributaristi.
La prima patata bollente a Morando, chiamato a discutere di come conciliare rigore e crescita alla luce dei paletti messi all’Italia dall’Ue. Il senatore ha avuto l’onesta di ammettere che gli ultimi governi che si sono succeduti non hanno avuto la forza politica per attuare le riforme strutturali necessarie a rimettere l’Italia sulla strada della crescita, indipendentemente dall’Ue. Una impossibilità che è spesso derivata dalle dimensioni non sufficienti degli investimenti necessari a sostenere lo sviluppo. Inevitabile, poi, il riferimento di Morando ai risultati portati dal Jobs Act, così come al referendum del 4 dicembre prossimo, da lui definito un tentativo di riformare il sistema politico istituzionale a favore della governabilità e non solo nella direzione di un taglio dei costi della politica. Parlando poi della legge di Bilancio attualmente in elaborazione, Morando l’ha dipinta come il tentativo di introdurre una cura choc per l’Italia che possa far tornare nel Paese investimenti pubblici e privati dopo il crollo degli anni della crisi.
Poteva forse la senatrice Bonfrisco concordare con le tesi di Morando sulle riforme? Naturalmente no: le ha definite finte riforme, poiché nessuna di esse, ha sostenuto, è quantificabile dal punto di vista finanziario. Specialmente la riforma del Senato che dovrebbe essere introdotta dal referendum di dicembre, per la quale Bonfrisco ha pronosticato un destino simile a quella del 2001 sul cosiddetto federalismo fiscale, che ha penalizzato, invece di favorire, molte attività sinergiche nel rapporto Stato-regioni. In sostanza, ha concluso la senatrice, una riforma non chiara su troppi punti.
Dopo la politica, è stata la volta dell’industria, che ha parlato di riforme al congresso INT attraverso Carlo Bonomi. Dopo aver ricordato la posizione presa da Confindustria nei confronti del referendum “in tempi non sospetti” (l’associazione è a favore del SI, ndr), Bonomi ha sottolineato che la riforma introdotta dalla consultazione referendaria cambierebbe una quarantina di articoli e che va dunque ben ponderata. Bonomi si è augurato che, se vincesse il SI, le riforme introdotte non siano prese e buttate da una successiva legislatura di orientamento diverso dall’attuale, ma che possano essere applicate e far riflettere tutti su quale Paese si vuole costruire. Un Paese che punti su produttività, investimenti e crescita, tre driver sui quali, ha ricordato Bonomi, Confindustria insiste dal 2009 e che è contenta di vederli affrontati dall’attuale governo, nonostante le risorse limitate a disposizione. La missione di tutti, ha concluso, deve essere quella di spezzare il clima di sfiducia che opprime l’Italia. Anche con le riforme che servono al Paese.
Sulla mancanza di fiducia si è trovato d’accordo anche Angelo Deiana, che ha parlato dell’Italia come di un “Paese seduto”. E tornando, sul referendum, si è chiesto se per il futuro del Paese serve di più il principio della rappresentatività o della stabilità. In contrasto rispetto a Bonomi, secondo Deiana la stabilità non è un driver della crescita, come dimostrano i casi di Spagna e Belgio, Paesi da mesi istituzionalmente in difficoltà ma che crescono economicamente. E allora che fare? Valorizzare quelli che sono oggi i punti forti dell’Italia, che è un Paese attrattivo per gli investimenti, specialmente esteri, e fare rete per recuperare la fiducia che manca, un po’ a tutti i livelli.
A conclusione degli interventi, Giorgio Del Ghingaro, vicepresidente dell’Istituto Nazionale Tributaristi, ha parlato di riforme e semplificazione fiscale analizzando la questione sia dal punto di vista del professionista, sia da quello del cliente. Secondo Del Ghingaro, negli ultimi anni gli studi professionali e i loro clienti hanno affrontato molte difficoltà e, nonostante l’ottimismo verso la capacità di cambiare le cose attraverso il proprio lavoro, queste in realtà non sono mai cambiate. Ora, di fronte a un crescente distacco tra politica e cittadini, la necessità di riforme e semplificazione è sempre più forte. Durante i lavori congressuali, ha sottolineato il vicepresidente INT, la parola “cambiamento” è stata pronunciata da tutti i relatori: ebbene, ora è il momento di trasformarla da parola a fatto, è davvero il momento delle riforme.
Lo speciale Congresso INT 2016